L’EDITORIALE | Esperienza cercasi: la lezione di Patierno e l’urlo di un popolo da categorie superiori

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foto Catania FC

La striscia positiva si ferma a otto, ma più del risultato a fare notizia è il modo in cui il Catania è caduto. Contro l’Avellino, al “Massimino”, i rossazzurri hanno mostrato cuore e volontà, ma anche i limiti di una squadra che, nei momenti chiave, paga la mancanza di esperienza e, soprattutto, di un finalizzatore puro. Quello che in maglia biancoverde risponde al nome di Cosimo Patierno.

La differenza l’ha fatta lui, attaccante cinico e maturo, capace di colpire due volte sfruttando al massimo le occasioni costruite dai compagni. In casa Catania, al contrario, si è vista la fatica nel trovare sbocchi concreti, pur a fronte di una mole di gioco generosa e di una pressione costante. Difensivamente, la squadra di Toscano ha alternato buone letture a errori evitabili. Il secondo gol dell’Avellino nasce da una disattenzione sulla fascia e da una marcatura troppo morbida al centro, con Dini che, sulla conclusione di Patierno, avrebbe potuto e dovuto fare di più.

Eppure il Catania non è uscito dal campo tra i fischi, perché se c’è una cosa che non è mancata è stato lo sforzo collettivo. Lunetta, ancora una volta tra i più brillanti, ha trovato il gol e ha messo in difficoltà la difesa irpina con le sue incursioni. In mezzo, Di Tacchio e De Rose hanno combattuto con la solita intensità, finché le gambe lo hanno permesso. Meno impattanti, invece, i subentrati: dalla mediana all’attacco, il cambio di passo atteso nel finale non è arrivato, lasciando all’Avellino la gestione del risultato.

In tutto questo, una costante su cui riflettere con orgoglio: il pubblico. Ancora una volta, i tifosi del Catania hanno regalato una cornice da categoria superiore, con cori incessanti, una coreografia spettacolare e un calore che va ben oltre la media della Serie C. Il “Massimino” è stato teatro di una passione che merita palcoscenici diversi, più alti, più giusti.

Questa sconfitta pesa, perché arriva in un momento in cui il gruppo sembrava aver trovato equilibrio. Ma pesa anche perché dimostra quanto ancora ci sia da lavorare per crescere in maturità, in lucidità e in freddezza sotto porta. La stagione non finisce qui. Ma servirà qualcosa in più – dentro e fuori dal campo – per costruire il sogno di un Catania all’altezza del suo popolo.

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