Crotone, Foggia, Taranto, Avellino, Torre del Greco, Francavilla Fontana, Potenza (avversario il Sorrento), Caravaggio (sfida sul campo dell’Atalanta Under 23) e ancora Avellino. Una lunga serie di divieti imposti lontano dal “Massimino” ai tifosi rossazzurri residenti nella provincia di Catania, o nella Regione Siciliana, nella prima metà del 2024. Limitazioni proseguite nel corso del girone d’andata di questo campionato: vedi Caserta, Foggia, Crotone, Avellino e Taranto.
Insomma, divieti in occasione di oltre 10 trasferte per i sostenitori etnei nel corso dell’anno solare. Qualcosa che dispiace, soprattutto per una piazza che vanta un bacino d’utenza numeroso con un seguito di tifosi importante anche fuori casa. Ma la questione riguarda tante tifoserie italiane. Il dibattito sul tema è sempre attuale: è giusto che la stragrande maggioranza paghi gli atti turbativi dell’ordine pubblico commessi da poche unità, talvolta non potendo accedere agli stadi pur in presenza di rapporti di gemellaggio con i rappresentanti del tifo organizzato di altre squadre?
Non è questa la sede adatta per stabilire quali siano le decisioni corrette da assumere, ma è un dato di fatto che le restrizioni stiamo aumentando a dismisura. Sempre più spesso gli stadi sono privi dei tifosi di una squadra di calcio, liberi cittadini, di esercitare il sacrosanto diritto di acquistare il biglietto per assistere ad un evento sportivo. Vietare le trasferte sembra una via troppo comoda, la più semplice, per gestire l’ordine pubblico. Forse sarebbe il caso di rivedere qualcosa nei protocolli, applicando generalmente un senso di responsabilità maggiore.
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