Conosciamo meglio l’attaccante Roberto Inglese, neo acquisto del Catania, attraverso alcuni estratti di interviste rilasciate nel tempo dallo stesso calciatore abruzzese:
“Non sono mai stato una prima donna ma quello che so è che devo sempre dare il massimo per la squadra e se c’è l’occasione so fare gol. Com’è nato l’amore per il calcio? Ero al supermercato, mamma mi comprò un pallone e ci iniziai a giocare sotto casa. Passò un signore che notò qualcosa in me, mi chiese se volevo far parte della sua scuola calcio e da allora questo è il mio mondo. Non ho rimpianti, ho dato tutto e continuerò su questa strada. Quando arriverà il momento di smettere mi guarderò indietro e potrò raccontare ai miei figli con un grande sorriso di essere stato fiero della carriera che ho avuto” (chiaroquotidiano.it).
“Io soprannominato Bobby English? Ci sono abituato: se segno, i titoli vanno da lezione di Inglese a la chiave Inglese, li trovo un po’ ripetitivi. La mia storia? Nato a Lucera, ma sono abruzzese, ci siamo trasferiti a Vasto quando avevo sei anni. Mamma Rosalba casalinga, papà Antonio autista di bus di linea: se marinavo la scuola andavo con lui da Termoli a Roma. Comincio a Vasto: Pgs Vigor e poi Virtus, poi il Pescara. Che mi fa studiare fino alla maturità scientifica ed esordire in Lega Pro con Di Francesco”.
“Appassionato di materie scientifiche? Non proprio. Mi piace la storia, quella italiana del Novecento, è fondamentale conoscerla per capire i nostri tempi. Nel 2010 il debutto a 18 anni in B e subito comprato dal Chievo, poi cinque stagioni in prestito? Potevo restare in Primavera, ma io volevo anticipare i tempi: in Italia manca un momento di passaggio per i giovani. Sono stato bene a Lumezzane e a Carpi, anni indimenticabili”.
“Storica promozione dei carpigiani in A? Annata magica, ragazzi presi dal nulla, senza alcuna esperienza, che hanno stravinto il campionato. Correvamo più degli altri, la differenza l’ha fatta la nostra fame. E l’intensità che Castori riusciva a trasmetterci. Non giocavamo un calcio bellissimo, ma non ci prendeva nessuno. Che attaccante sono? Una prima punta classica, forza fisica e voglia di sacrificio. Studio gli altri per rubare a tutti un segreto, non ho un modello unico. Tra gli allenatori devo molto a Maran (ex Catania, ndr). È stato il primo a darmi una chance al Chievo” (la Repubblica).
“Dovevo andare via ancora in prestito, ma mister Maran ha deciso di tenermi e lo ringrazierò sempre per la fiducia che ha dimostrato in me. L’esperienza in Nazionale? Indossare la maglia azzurra anche solo durante gli allenamenti è stato qualcosa che neanche mi sarei immaginato solo poco tempo fa. Si tratta di esperienza positive perché ti confronti con il meglio che c’è in Italia” (Tele Arena).
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