9 settembre 1992, si spegne uno dei più grandi allenatori che la storia del Catania ricordi: Carmelo Di Bella, che ai piedi dell’Etna ha vissuto esperienze anche da calciatore. Nelle vesti di giocatore è cresciuto nelle giovanili del Catania totalizzando quasi 40 presenze come mezzala, mentre da tecnico ha allenato la squadra dell’Elefante a più riprese: tra il 1958 ed il 1966, tra il 1971 e 1973, nella stagione 1976/77.
La sua bravura consisteva principalmente nel comprendere i problemi dei calciatori e nella disponibilità ad aiutarli, talvolta dando loro anche un aiuto economico nei periodi più difficili. Con i giocatori creava un rapporto molto forte: il portiere del Catania Antonio Seveso, quando lasciò la squadra in seguito ad una prestazione negativa, scrisse una lettera in cui confessò che lo considerava come un padre. D’altro canto, da molti era definito un «sergente di ferro» per la sua capacità di mantenere unito il gruppo e proprio per questo il commissario Ignazio Marcoccio e il dirigente Michele Giuffrida lo avevano confermato alla guida del Catania nel 1959.
Di Bella curava anche la preparazione atletica e ne faceva uno degli aspetti più importanti del suo lavoro. Per stessa ammissione di Di Bella, non potendo disporre di undici che potessero competere in tecnica con le squadre più forti della Serie A, doveva mettere in campo uomini che si distinguessero per tenacia e intelligenza tattica. Preferiva giocare sullo slancio, sulla velocità e sulla resistenza. Vittorio Pozzo, che fu allenatore, giornalista, CT dell’Italia negli anni ’30 e ’40, parlò così di Di Bella: “Di Bella è un esempio di come la semplicità possa, in certi momenti critici, prevalere sulle forze complesse. È un ragazzo semplice, Di Bella, un ragazzo d’oro. Il contributo che sta portando al calcio italiano in questo complesso periodo di vita è più che notevole”.
Dopo l’esperienza da allenatore con l’Akragas, Di Bella tentò di avviare un’attività commerciale a Palermo prima e a Catania poi. A causa delle ristrettezze economiche determinate dalla malattia della madre e da un periodo non particolarmente florido, quando entrò nello staff tecnico del Catania accettò uno stipendio di 30.000 lire al mese. Spinse per avere al Catania Alvaro Biagini, a cui rimase così legato da fargli da testimone di nozze. Durante le partite, Carmelo Di Bella teneva sempre una sigaretta in bocca: era un accanito fumatore e si racconta che fosse molto bravo nel creare gli anelli di fumo.
Nel 1985-1986 fu in procinto di tornare al Catania come direttore generale, ma in disaccordo con Massimino sulla scelta di Gennaro Rambone come allenatore e quindi non firmò mai il contratto. Dopo essersi allontanato dal calcio, Di Bella padre si ritirò a Palermo. In Sicilia, oltre a Catania ed Akragas, ha allenato Igea Virtus, Marsala, Gela, Termitana e Palermo.
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