Il quotidiano La Sicilia torna sul ruolo assunto da Michele Zeoli sulla panchina del Catania in questa stagione. Sottolineando come abbia fatto “più di quello che si poteva mettere in preventivo” e che “non ha avuto vergogna nel mostrare lacrime sincere alla fine del match”.
La squadra “ha ceduto nel finale: stanca, pochi cambi, qualche errore sui cross dalle fasce. Ma l’impegno non è mancato. Quello di Zeoli non è stato il Catania bloccato sul pari dal Monterosi, neanche il gruppo alla deriva battuto in campionato ad Avellino 5-2. Michele ha dato identità a un gruppo sbandato e anagraficamente vecchio. Ha trasmesso il senso di appartenenza perchè, lui sì, la maglia l’ha conquistata, sudata, difesa e l’ha portata in B dopo quella gara epica di Taranto nel 2002. Ha riconquistato Catania da vice di Ferraro l’anno passato e ha vinto. Aveva affrontato questa stagione da tecnico della Primavera 4 che poi Biagianti ha portato in finale di categoria. Si è messo a disposizione di Lucarelli quando è stato chiamato in prima squadra. Poi ha ereditato una squadra alla deriva, senza testa nè piedi. L’ha rimessa in piedi e ogni vigilia di partita con staff medico a preparatore a fare la conta di chi si reggeva in piedi tra infortuni, ritardi di preparazione, affaticamenti“.
Zeoli ha ereditato “una macchina con una ruota sgonfia, giocatori non scelti da lui e li ha fatti trottare fino al limite del possibile”. Allenando una squadra “ridestata sul piano della motivazione e dell’orgoglio nella fase finale di stagione, oltre che in Coppa”. Zeoli “ha messo davanti a questo sgangherato gruppo la sua umiltà, il suo esempio di professionalità e amore verso il Catania”, facendo prevalere “gli interessi del club e non quelli personali”. Il suo senso d’appartenenza dovrà essere d’esempio per chi verrà.
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