Un tuffo nel passato con Davide Baiocco, ex capitano del Catania rimasto nel cuore dei tifosi rossazzurri. Riportiamo di seguito un estratto dell’intervista concessa da Baiocco a Melior De Cinere Cunto, podcast sulla storia del Calcio Catania di Gianpaolo Pasqualino:
“E’ sempre un’emozione entrare allo stadio Massimino. Quello che rimane, al di là delle imprese sul campo e dei gesti tecnici, sono le emozioni, le esperienze che condividi con i compagni, gli addetti ai lavori, la gente. Non è un segreto, Catania è casa. Vedere lo stadio rinnovato, risorto anche materialmente è più bello. Ho visto anche il Cibalino. E’ una bella gioia”.
“Quando fallì il Perugia c’erano tre squadre interessate a me. Treviso, Lecce e Catania. Quando mi ha chiamato Peppe Mascara ho sentito subito una forte attrazione verso questa piazza. Oggi, anche a mille chilometri di distanza, c’è sempre un attestato di stima vero e sincero che mi arriva da Catania. Io capitano non dimenticato dalla città? Nella figura del capitano si vede il responsabile principale della squadra e in un certo senso della città. In alcuni momenti probabilmente la mia figura di responsabile e giocatore più esperto è venuta fuori, si è palesata in maniera forte e la gente si è legata in maniera particolare perchè quello che rimane più impresso è il lato umano, emozionale delle esperienze“.
“Di momenti intensi ne ho vissuti molti a Catania, la gara più emozionante è stata a Bologna con il Chievo Verona, quando centrammo la salvezza. Mi ha aiutato molto vivere la città, sentire quello che vive la gente quando le cose vanno sia bene che soprattutto male è anche un sistema per aumentare il tuo senso di amor proprio, di responsabilità, legame e attenzione in quello che fai. Vivere gli umori della città ti aiuta molto, io ho voluto proprio immergermi nella città per capire cosa significasse per i cittadini catanesi il Catania Calcio e per vivere la quotidianità di Catania. Conoscere bene un posto ti dà una spinta in più per poterlo rappresentare al meglio e dare tutto te stesso”.
“Io ho sempre avuto passione ardente, fiducia in me stesso. Nel calcio a volte ti chiedono la vittoria, io ho sempre assicurato di dare tutto me stesso fino a quando avrei avuto un filo di forza in corpo. Mi importava vedere anche come reagiva alle difficoltà la squadra. Più volte ho cercato di far capire ai compagni che nella vita devi avere la capacità di adattarti al momento che sta arrivando, noi al primo anno di A siamo stati un pò lenti a capire e cambiare, a stringerci e lavorare con più attenzione su quello che c’era da correggere. Il mio discorso pre gara col Chievo fu un mix di convidisione con i compagni. Era un momento di emergenza, mancavano giocatori importanti, per Izco e Biagianti erano le prime gare che giocavano, in quel caso la sfida era decisiva. Li tranquillizzavo continuamente, trasmettendogli fiducia e convinzione sul piano mentale, fisico e tecnico, sotto il profilo dello spirito e del cuore”.
“Eravamo giocatori forti ma soprattuto come uomini, riuscendo a creare qualcosa che non era facile. Preoccuparsi l’uno per l’altro, supportarsi, essere così legati a livello emotivo non l’ho vissuto tanto nella mia carriera. Qualcosa di magico. Quando tu costruisci una squadra devi pensare non solo di farlo a livello tecnico ma anche ad un gruppo di uomini che interagiscano tra di loro in maniera perfetta, anche umano. Legai tantissimo con Sottil, Spinesi, Christian Silvestri, Mascara. Era un gruppo coeso, molto legato”.
“Palermo 0-4 Catania? In campo c’era così sintonia, ognuno faceva quello che doveva fare nella maniera migliore, con qualità nelle giocate, sentivi che andava tutto alla grande e si incastrava bene. Era un’annata particolare, andata meravigliosamente bene. Io volevo a tutti i costi dimostrare quanto ci tenessi a rimanere, a finire la carriera a Catania. Purtroppo non ci sono riuscito per scelte differenti. Era un mio desiderio forte, vissi un momento non troppo felice. L’amore, il senso di riconoscenza e affetto della gente mi ha fatto passare meglio la delusione di non avere potuto proseguire la carriera ai piedi dell’Etna, sarei rimasto a Catania per sempre“.
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