Tra le pagine del quotidiano La Sicilia c’è spazio per la vicenda legata alla diffusione non autorizzata di un messaggio vocale di mister Michele Zeoli che, dopo la sconfitta di Torre del Greco, si confida con un amico raccontando i particolari del dissidio nato con Chiricò emergendo altri dettagli che sarebbero dovuti restare nel chiuso dello spogliatoio.
“Apriti cielo: il comportamento british della società, l’intervento tardivo del capitano Rapisarda, almeno a sentire Zeoli, le mancate scuse di Chiricò poi avvenute anche in questo caso in modo tardivo nello spogliatoio e altri fatti che non ci sembra il caso di mettere su pubblica piazza”, riporta il quotidiano. A Catania “il vocale lo hanno tutti, diffuso a macchia d’olio in modo infame – il termine è forte, specie se scritto su un giornale, ma non c’è altro vocabolo da utilizzare – e scoppia il finimondo”.
A proposito dell’arrabbiatura di Chiricò contestando una sostituzione, “si può discutere, chiarire. Chiedere scusa al proprio allenatore era un dovere morale e un atto di maturità. Zeoli l’ha fatto, Chiricò c’è comunque arrivato”. Dopo il chiacchiericcio che ha turbato l’ambiente, “si arriva a tre conclusioni. La prima: Zeoli ha incontrato il favore plebiscitario della tifoseria che ha avuto – come se non bastasse – una conferma in più di quanto questa persona tenga al Catania. La seconda: inutile invocare punizioni esemplari nei confronti di questo o quel giocatore. Se qualcuno doveva andare fuori rosa, doveva accadere un mese fa. Adesso si deve proseguire tutti uniti fino al traguardo e a fine stagione sarà la società a tirare le somme di un’annata balorda. Terzo: la gestione british a Catania non sempre ripaga. Serve il bastone, non solo la carota”, si legge.
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