Non ci sono parole per descrivere lo “spettacolo” offerto ieri al Massimino dal Catania nel match perso contro il Giugliano. Lo stadio, privo della cornice di pubblico consueta per le note restrizioni annunciate negli scorsi giorni, desolatamente vuoto e triste. Poi la solita accozzaglia di calciatori con la maglia rossazzurra, che nel primo tempo riesce a passare in vantaggio ma non riesce ad infliggere il colpo della “sicurezza”, mentre nella ripresa concede di tutto e di più, sprofondando fino alla sconfitta.
La classifica si è fatta clamorosamente rischiosa, adesso lo spauracchio dei playout è più concreto che mai. Una delusione totale, ma ormai ci siamo convinti anche noi sulla mediocrità del contesto, in questa stagione. E serviranno importanti cambiamenti per risollevarsi. Intanto è necessario salvarsi, perché sarebbe assurdo dover affrontare i playout e perdere pure i privilegi conquistati con il raggiungimento della finale di Coppa Italia.
Una fragilità mentale e tecnica disarmante, una inconsistenza del gruppo ormai nota, poi problemi fisici e disattenzioni che risultano letali. La prova d’orgoglio e la continuità di rendimento erano obiettivi da raggiungere mesi fa, ma il lavoro di ricostruzione tentato a gennaio è stato un completo fallimento.
E adesso? Adesso c’è la finale di ritorno con il Padova: un trofeo in palio, ma soprattutto un match che toglierà energia e attenzione all’obiettivo diventato principale col passare delle settimane, salvare la situazione nel girone C. Non si può però mollare del tutto quest’appuntamento: Catania ha fame di successi.
In questo quadretto di contraddizioni e calcoli, la città piomba nuovamente nella depressione. Tocca a Pelligra, che tanto ha speso quest’anno (di fatto sprecando molte risorse, per come sta andando al momento la stagione): è suo compito adesso verificare le responsabilità, ridisegnare l’assetto dirigenziale e tecnico, costruendo un progetto che sia davvero mirato alla crescita dei giovani, alla loro valorizzazione e al rilancio del club nei campionati che contano.
Se ci fosse ancora, sarebbe giusto aggrapparsi ad una possibilità di inseguire un miracolo, quest’anno. Ma giocando così non si va da nessuna parte, non è una questione di pessimismo ma di concretezza e realismo.
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