Doveva essere una serata di festa, all’insegna dello sport e del divertimento. Si è trasformata in uno spettacolo penoso sugli spalti. L’invasione di campo di una cinquantina di ultras del Catania con annesso lancio di fumogeni e bombe carta, il ferimento di otto poliziotti e, ciliegina sulla torta, gli ululati razzisti che pseudo tifosi del Padova hanno accompagnato all’uscita dal campo del centrocampista rossazzurro Nana Welbeck, espulso nel finale. Niente a che vedere con il concetto di sport.
Delusione, amarezza e vergogna sono i sentimenti dominanti nel festival dell’inciviltà andato in scena all’Euganeo. Il risultato finale dell’incontro passa in secondo piano quando vedi famiglie e bambini abbandonare lo stadio vivendo quei minuti di tensione e follia all’intervallo. Poi, un silenzio gelido ha caratterizzato la ripresa con i giocatori delle due squadre ignari di quanto accaduto (erano negli spogliatoi quando si sono verificati gli incidenti, ndr).
Il calcio è un gioco e non deve rappresentare una valvola di sfogo per una forte minoranza di persone che macchia l’immagine di una tifoseria intera. I fatti di Padova, purtroppo, si sommano agli accadimenti degli ultimi mesi in Italia. Segno che il fenomeno della violenza negli stadi è ancora oggi ben presente e radicato nel nostro Paese. Da Nord a Sud, specifichiamo. Meglio ricordarlo al presidente biancoscudato Francesco Peghin (qui le sue dichiarazioni nel post gara), facendogli anche presente che esiste il volto di una Catania onesta, generosa ed accogliente che non si identifica con i gesti di pochi sconsiderati.
Adesso le autorità competenti sono al lavoro per individuare tutti i responsabili dello scempio. Bene ha fatto il Catania FC a condannare gli episodi attraverso un comunicato stampa emesso già nel corso della gara. Anche la Lega Pro ha preso doverosamente le distanze. In attesa dei provvedimenti della giustizia sportiva, è importante accertare con chiarezza le responsabilità di chi si è reso protagonista dei violenti scontri dell’Euganeo. Anche di coloro i quali hanno effettuato le operazioni di prefiltraggio ai varchi di accesso, chiamati ad evitare l’introduzione di oggetti e materiali pericolosi o proibiti.
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