L’ansia era palpabile, d’altronde trattasi di normale dinamica dell’essere vivi, certo quando il suo livello supera una certa soglia, diciamo di guardia, le sensazioni sono sgradevoli e il mulinello dei pensieri aumenta in proporzione all’andirivieni degli eventi. Spesso questi pensieri sono del tipo: “ma come giocano questi?”, “non sanu fari mancu ‘n passaggio”, “sempre sta palla in orizzontale”, “ma Ladinetti si scanta di pigghiari u palluni?”, “che ci stanno a fari dui uno appressu a lautru femmi?”, poi i pensieri sgorgano in palesamenti verbali spesso conditi con olio al vetriolo verso la guida tecnica e sui calciatori. Il calcio è una valvola di sfogo si sa, stimola echi emozionali magari provenienti dalla vita quotidiana e vengono fuori.
Torniamo al racconto dagli spalti. In campo la confusione nel primo tempo è pariggia, non entro nei dettagli tecnici, qui di mestiere faccio il tifoso, è la prima partita in cui il mister schiera dall’inizio la squadra con un nuovo modulo. Dietro di me un robusto tifoso, sono seduto nell’ultima fila superiore nella Sud, a metà secondo tempo nella concitazione generale e non avendo posto e gradendo quella prospettiva, nel muoversi mi rifila uno strano colpo proprio in centro testa, una vera caccagnata, nonostante la botta resto concentrato sulla partita. Sento da dietro qualcuno che mi liscia e si scusa ma l’azione è interessante, è entrato Rizzo che pompa energia e determinazione, la testa non fa male, anzi i pensieri diventano silenziosi e sono tranquillo, un vero reset. Arriva il gol, tripudio, felicità. L’ansia collettiva svanisce, una grande sensazione di tranquillità si installa in tutti, soprattutto in panchina e in campo…
Dopo un pò mi giro, rassicuro il tifoso pugile, anzi nel pieno della mia capacità relazionale dico a questo nuovo amico che poteva accomodarsi a colpire la mia testa magari può servire al raddoppio, ma che non si sappia in giro, altrimenti mi finisce come quando un calciatore segna e viene bersagliato dalle scoppole dei compagni, meglio evitare.. Ci stringiamo le mani e tutti insieme proteggiamo la verginità del giovane Bethers, ancora una volta preciso e attento come un veterano della guerra di Secessione che ne ha già viste di tutti i colori.
Tornando alla gara, un’autentica liberazione la craniata in anticipo di Di Carmine, bravi Marsura e Castellini, ad un certo punto il Catania comincia a giocare e sono dolori per il Taranto che si conferma quasi come le altre squadre che hanno visitato il ‘Massimino’, tranne il Picerno che non ha praticato l’arrocco difensivo programmato. Devo complimentarmi con tutti quelli che dopo lo scetticismo a mille dei primi quarantacinque minuti, me compreso, hanno dissotterrato l’ascia patibolare e hanno cominciato a pompare la squadra con entusiasmo e sfottò anti-tarantini più che legittimi, l’esito è stato quello che dovrà essere: unione di intenti e fiducia, credo, sia la ricetta giusta e ieri nonostante tutto, l’abbiamo toccata con mano e ci ha regalato un’emozione appagante e una prospettiva – si spera – degna di questa grande piazza e tifoseria.
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