ESCLUSIVA – Monaco: “Caserta prova del nove. Russotto e Palermo non li avrei ceduti. Su Ferraro, Lodi, Tabbiani ed il mancato passaggio di mio figlio al Catania…”  

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Insegnare calcio. Farlo con serietà e competenza. Gennaro Monaco oggi trasmette i propri valori in una squadra di Eccellenza, il Rione Terra calcio Sibilla, a Pozzuoli. Malgrado gli impegni riesce, in qualche modo, a seguire le vicende del Catania, lui che in rossazzurro ha scritto pagine di storia mantenendo un legame fortissimo con la città dell’Elefante. In vista di Casertana-Catania, Monaco parla da doppio ex dell’incontro analizzando molteplici aspetti legati alla squadra etnea ed esprimendo il proprio punto di vista ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com:

Gennaro, il Catania attraversa un periodo particolare. Mai come in questo momento conta la compattezza di gruppo e dare proprio tutto per la maglia.
“Questo è un aspetto da considerare primariamente in ogni partita. Tutte le volte che scendi in campo e indossi quella maglia. Quando militavo nel Catania, sapevo della necessità di primeggiare sempre, perchè avevamo alle spalle una città intera che ti amava. Quando venivano almeno mille persone a seguire gli allenamenti, come facevi a deludere quella gente? Dovevi fare sempre qualcosa in più. Se qualcuno andava fuori riga, intervenivo. Una volta presi Possanzini per le orecchie, si lamentava per il fatto che faticasse a trovare spazio. Io gli dissi che doveva fare qualcosa in più. Ancora oggi Possanzini quando mi vede mi rispetta. Perché quando indossi quella divisa devi dare veramente tutto, senza ricercare alibi. Lui proveniva dalla Sampdoria, guadagnava tanti soldi alla Samp. Anche se non giochi sempre, lo spirito deve essere quello di mangiarti l’avversario quando scendi in campo. Per me veniva prima di tutto la maglia rossazzurra. Adesso, in generale, è difficile trovare in qualsiasi squadra giocatori davvero attaccati alla maglia con tanti procuratori in giro, non prevale più l’aspetto umano”.

Questo Catania necessita semplicemente di tempo secondo te per amalgamare una squadra quasi per intero nuova?
“La differenza la fanno i calciatori carismatici, che trascinano gli altri. Non devono essere necessariamente i più forti. A livello mentale devono essere trascinati anche nelle difficoltà. E’ fondamentale il carisma, ed il carisma non si compra da nessuna parte. Nel calcio non è mai facile trovare gli uomini giusti. Serve tempo per far sì che tutti raggiungano un’intesa comune. Bisogna aspettare un attimino, dopo i risultati arriveranno perché le potenzialità per poter emergere ci sono. Il Catania ha in rosa calciatori che hanno fatto campionati importanti. Quando Di Carmine giocava a Perugia con mio figlio, gli dissi che Catania è una piazza di Serie A perché ti fanno sentire l’uomo più importante della terra. Adesso noto che le mie parole di 2-3 anni fa gli calzano a pennello. Ho visto che contro il Picerno ha trascinato un pò tutti i compagni con una doppietta”.

Cosa manca secondo te a questa squadra per proiettarsi in alto?
“Tu giochi davanti a 20mila persone che ti fanno sentire un guerriero. Giocare a Catania è un vantaggio per tutti i giocatori se sanno gestire le pressioni della piazza. E’ un vantaggio incalcolabile perché devi andare in Serie A per trovare una piazza che esprime i numeri di Catania. Ribadisco che è solo una questione di tempo. I calciatori devono acquisire certi meccanismi necessari per fare risultato. E’ fondamentale che tra di loro si stimino e si vogliano bene. Noi così arrivammo in alto. Io stimavo il compagno, tu devi buttarti nel fuoco per lui. In questo modo si vincono i campionati, partendo sempre dalla base dei valori umani. Aspetterei altre 4-5 partite. Se tu fai prestazioni di livello ma i risultati stentano ad arrivare, c’è qualcosa che non va e si lavora in funzione degli aspetti migliorabili. A prescindere dai pali e dalle traverse colpite. Non esistono scusanti nel calcio. C’è tempo per recuperare, se tu poni le basi per un lavoro proficuo poi i risultati arrivano. Se questo non succederà, vorrà dire che hai sbagliato qualcosa”.  

Catania, Crotone, Avellino e Benevento saranno le squadre principalmente in lotta per la vittoria del campionato?
“Per società, qualità e ampiezza della rosa il Catania fa parte di una lista di squadre che punteranno a vincere il campionato. Inserisco anche il Crotone, sì, ma devo ammettere che i calabresi non mi hanno impressionato pur avendo vinto a Catania segnando in contropiede. Hanno perso giocatori importanti in difesa. Io penso che Benevento, Catania e Avellino abbiano gli organici più forti del girone C, almeno sulla carta”.

Ci sono stati già i primi mugugni per Tabbiani. Te li aspettavi?
“Quando i risultati non arrivano è normale. Tabbiani si sentirà sicuramente sotto pressione in questo momento, ma il sostegno della società c’è perché ha scommesso su di lui sostituendo Giovanni Ferraro, pur avendo quest’ultimo fatto numeri pazzeschi in Serie D sulla panchina del Catania. Il club ha scommesso sul calcio di Tabbiani facendogli firmare un biennale, con l’obiettivo di proporre un calcio propositivo e vincente. Poi è chiaro che se ad ottobre i risultati tarderanno ancora ad arrivare, sarà inutile ricercare alibi e la società farà le proprie valutazioni”.

Hai citato Ferraro, lo avresti riconfermato a Catania?
“Ferraro è stato come me un difensore centrale, arcigno. Lo conosco benissimo. Ragazzo con grandi valori, campano come me, fa allenamento e sta a casa. Un po’ come mister Cucchi, dai. Uomini vecchio stampo che non sono giacca e cravatta, non si mostrano sui media e sui social. Sono due allenatori vincenti. Ferraro ha vinto senza mai apparire, sempre in seconda linea. Io lo avrei riconfermato sulla panchina del Catania, cavalcando l’onda della tifoseria. Si dice non cambiare mai la via vecchia per quella nuova, che non sai mai dove ti porta. Poi a dicembre se Ferraro avesse dimostrato di non essere in grado di allenare in Lega Pro, avrei cambiato guida tecnica. Lo scorso campionato di Serie D il Catania lo ha vinto a marzo, dunque con ampio anticipo. Il Catania ha avuto un grande vantaggio che è stato dilapidato perché con Ferraro si poteva già fare mercato, invece a giugno lo hai mandato via e la società ha optato per Tabbiani, assumendosi la responsabilità della decisione”.

Giusto, a tuo avviso, l’aver cambiato anche tanti giocatori per affrontare la Serie C?
“Giusto nella misura in cui ogni categoria ha giocatori predisposti e con un livello tecnico diverso rispetto alle serie inferiori. Mi dispiace che Palermo, un catanese per me fortissimo, non sia stato preso in considerazione. L’anno scorso vedevo che si buttava nel fuoco per inserimenti, cattiveria agonistica, intelligenza, poi sono state fatte scelte diverse. Perché poi tu prendi una serie di calciatori provenienti dalla B e Palermo, chiaramente, ha chiesto di essere ceduto. Io lo avrei fatto giocare per il senso di appartenenza. Stesso discorso per Andrea Russotto, che dopo tanti anni vivendo Catania ed i catanesi era diventato un po’ come Orazio Russo, Zeoli, Monaco, Biagianti. Avrebbe avuto qualcosa in più da dare nello spogliatoio. E secondo me un altro annetto Lodi davanti la difesa avrebbe potuto farlo. E’ stato un carismatico, un catanese d’adozione, forte mentalmente e trascinava gli altri. Ultimamente correva meno ma con il suo carisma gli altri si buttavano nel fuoco per lui, questo fa la differenza”.

Coniugare bel gioco e risultati, questa la sfida più importante per mister Tabbiani. Che ne pensi?
“Il bel gioco va bene se fatto con criterio a attenzione. Se non vinci però il tifoso non si diverte, lo ammaliamo. Il gioco non deve essere né bello né brutto. Quando vincevamo io, Baronchelli e Zeoli ricordo che davamo la mano agli arbitri che ci salutavano con l’auspicio di incontrarci l’anno successivo in B. Se non vinci, sei morto nel calcio. Il risultato è sovrano, il bel gioco se lo porta via il vento”.

Catania adesso di scena a Caserta, campo ostico per i colori rossazzurri.
“Ho vinto il campionato con entrambe le squadre, una fortuna per me. Anche il ‘Pinto’ è un bel campo in cui giocare a calcio. Alla fine sarebbe meglio per il Catania giocare male e vincere. Se gioco male ma segnano in contropiede Chiricò e Di Carmine che me ne frega del bel gioco? Gioco bene e perdo perchè segna Curcio e ci fa pure un pernacchio essendo un ex. Si vince con una prova maschia, Caserta è la prova del nove. Se va lì e vince, allora il Catania dà una svolta. La Casertana ha preso nomi importanti come il Catania, vincendo lì ti proponi come squadra molto importante. Se perdi anche a Caserta vuol dire che qualcosa non funziona, è una partita-bivio. Io parlo da tifoso. Si gioca una partita tra nomi, chi ci mette più cuore vince”.

Di Carmine e Chiricò quanto possono incidere positivamente in campo?
“Di Carmine è calciatore che faceva la differenza già in B. E’ straordinario, attacca lo spazio, ti viene incontro, ti fa la superiorità numerica. E’ un lusso che può permettersi solo il Catania. Anche Chiricò è un calciatore importantissimo per la squadra, ma rischis di diventare prevedibile se lo sviluppo del gioco si basa quasi esclusivamente sul mancino di Chiricò. Gli avversari ti studiano, la storia dice che lui non va mai sul destro. Bisogna ricercare giocate e soluzioni alternative. Questa squadra, comunque, può giocarsela fino in fondo perché è stata allestita con cura. Laneri ha fatto un grande mercato”.

In conclusione, tuo figlio Salvatore è stato davvero vicino al Catania?
“Un po’ la grande gioia di rivedere sulla maglia del Catania la scritta ‘Monaco’, il sangue del tuo sangue, l’ho assaporata ma poi è svanita. Mai dire mai nel calcio e nella vita. Può darsi che negli anni a venire qualcuno si ricreda e sarei felicissimo. Se non accade non fa niente. Mio figlio ha fatto tutto da solo, con le proprie forze, partendo dall’Eccellenza. Mister Tabbiani giustamente voleva portare qualche suo giocatore a Catania. Il tempo è galantuomo, dirà se avrà avuto ragione Tabbiani o Monaco. Lui adesso è felicissimo di militare tra le fila del Potenza, dove è stato accolto benissimo”.

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