LADINETTI: “Ho vissuto sei mesi terribili. Catania, quanto affetto dai tifosi! Non vedo l’ora”

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foto Catania FC

Intervistato da Chancebet News, il centrocampista Riccardo Ladinetti parla del suo passato e del presente alle pendici dell’Etna, dopo avere archiviato la positiva esperienza al Pontedera. Ecco quanto evidenziato:

“Non ho mai amato più di tanto la scuola, ci andavo ma avevo la testa nel pallone. Ho un rapporto speciale con mio padre, che è sempre stato molto presente e altruista nei miei confronti, gli devo tanto per avermi cresciuto così. Ma soprattutto mia madre, che tutti i pomeriggi per dieci anni mi aspettava all’uscita da scuola per poi accompagnarmi al campo e rientravamo insieme a casa. Fino all’età di 21 anni sono rimasto a Cagliari. Zenga mi concesse alcuni spezzoni di gioco nella prima squadra del Cagliari, io ero capitano della Primavera. Il campionato Primavera fu bloccato a causa del Covid, allora andai in prima squadra e fu un’emozione incredibile giocare in Serie A tre partite. Ricordo l’esordio, quando il mister mi disse di effettuare le operazioni di riscaldamento di colpo il cuore iniziò a battere in un certo modo perchè fu una cosa improvvisa. Tra l’altro in dieci pareggiammo 1-1, può essere la scena di un film questo sogno realizzato, frutto di tanti sacrifici”.

“Quando militai tra le fila dell’Olbia fu la mia prima esperienza tra i professionisti in un campionato difficile come la Serie C. Stagione bellissima, non andammo ai playoff per un punto ma ho conosciuto persone fantastiche. Concluso il campionato avrei dovuto iniziare il ritiro col Cagliari, ma mentre sostenevo le visite mediche di rito il dottore mi disse di fermarmi subito, feci 2mila controlli a Roma, Milano, un giorno il dottore mi disse che erano state trovate delle aritmie dovute al Covid, quinti osservai tre mesi di totale inattività prendendo il cortisone. Per rimettermi in forma ci vollero ulteriori 3 mesi, un ricordo terribile. Venendo da una stagione così bella mi chiedevo perché proprio in quel momento che ero in rampa di lancio doveva succedere. Ma alzai la testa aspettando il mio momento grazie all’aiuto della mia famiglia, la mia fidanzata soprattutto fu fondamentale e le sarò grato per sempre, anche i miei amici che sono come fratelli per me. Superati quei mesi mi recai a Padova da un esperto cardiologo e grazie a Dio andò tutto bene, potevo riprendere l’attività. Da lì a gennaio sono ritornato a Olbia e quell’anno centrammo i playoff, uscendo al secondo turno. C’è stato un lieto fine, dai”.

“Anche a Pontedera andammo ai playoff, ad oggi quella rappresenta la stagione personale migliore sul piano tecnico ed affettivo, avendo conosciuto tanti ragazzi fantastici. Era la prima volte per me fuori dalla Sardegna, terra che non è mai facile lasciare perchè per noi sardi è come uno stato a parte, non fu semplice all’inizio ma ne è valsa assolutamente la pena. Quando è arrivata la chiamata del Catania sono passato da un’isola all’altra, siamo un po’ fratellastri noi sardi e siciliani. Girando in macchina mi accorsi subito che il clima non era così diverso dalla Sardegna e anche l’affetto delle persone. E’ stato bellissimo, incredibile anche ricevere due milioni di messaggi quando si è saputo che mi sarei trasferito al Catania. Avrà modo di conoscere meglio la città, un po’ l’ho già conosciuta ed è fantastica. Mi aspetto di crescere tanto, continuamente. E’ la mia prima volta davanti a tantissimi tifosi, il Catania ha una storia bellissima e non vedo l’ora d’iniziare, speriamo di far gioire il più possibile i tifosi”.

Il mister? Mi sto trovando benissimo con lui. Prima ancora della mia firma col Catania ci sentimmo, mi voleva parlare facendo capire la sua idea di calcio. Mi ha convinto sia lui che il direttore, col mister ci siamo affrontati da avversari la scorsa stagione e mi aveva impressionato tanto il suo modo di far giocare la squadra. Tatuaggi diversi? Sono particolarmente legato a cinque tatuaggi. La S di mio padre Salvatore, la R di mia madre Roberta, un tatuaggio in arabo che indica il fatto che non può piovere per sempre, con riferimento al problema al cuore avuto, poi un tatuaggio che simboleggia me con mio nonno che andiamo in un campetto da calcio, oltre alla data dell’esordio in Serie A. Come mi definirei? Generoso, altruista, a volte presuntuoso ma mai arrogante”.

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