2 luglio 2001. Una data triste per il calcio siciliano perchè, in occasione della finale Play Off di Serie C1 Messina-Catania, perse la vita un tifoso giallorosso a causa del lancio di una bomba carta durante la partita. Antonino Currò, originario di Rometta Marea, non era più uscito dal coma. Aveva 23 anni. Trasportato in ospedale è entrato in coma subito e poco dopo è stato dichiarato clinicamente morto. Da allora il ragazzo ha passato 15 giorni al Policlinico universitario di Messina attaccato alle macchine con nessun segno di attività cerebrale.
Nel 2019, in primo grado, i giudici condannarono la Lega Calcio, il Comune di Messina e la società sportiva al risarcimento danni a favore dei familiari di Currò. Si stabilì che la barriera costruita era inefficace: non è servita a proteggere il ragazzo che era sugli spalti dall’altra parte dello stadio. La Corte d’Appello di Messina , qualche anno più tardi, confermò le condanne di primo grado ma riconoscendo anche un ruolo al ministero dell’Interno: “Affermare che in occasione di una gara calcistica, il cui clima di tensione e ostilità fra le contrapposte tifoserie era stato ampiamente preannunciato, la morte di uno spettatore costituisca un fatto quasi inevitabile, un caso fortuito, non può essere condiviso in un ordinamento in cui la persona e la sua tutela costituiscono valori supremi su cui si fonda la Costituzione italiana e che appresta le dovute misure preventive e repressive delle condotte di detenzione di armi o materiale esplodente che possono mettere a rischio quella tutela”.
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