Domenica, in occasione della celebazione della vittoria del campionato da parte del Catania, con tanto di premiazione al termine della gara disputata con il Santa Maria Cilento, la showgirl catanese Naomi Moschitta ha letto la lettera di un piccolo tifoso rossazzurro, Marco. Ne riportiamo di seguito il contenuto integrale:
“Ciao a tutti, e ciao Catania.
Mi presento, sono Marco. Ho 12 anni. Su di voi, su questo stadio, su questi colori mi hanno detto di tutto. Di amori e di dolori. Di sorrisi e pianti. E di un legame unico tra questa città e questi colori. In questi primi anni della mia vita sono rimasto lì, in disparte, a guardarvi, a capirvi. E a volte a dire il vero ci capivo poco. A casa mio nonno, mio papà, mio fratello – quello grande – passavano dall’euforia alla delusione, dalle urla di gioia al silenzio assoluto. Bastava un gol per farli felici, ed una sconfitta per rovinare la loro e, quindi, la mia domenica. Mi hanno raccontato che hanno girato l’Italia, spesso in macchina. Ore ed ore di macchina. Mio nonno mi diceva «beddu, dobbiamo difendere la nostra città, i nostri colori». E qualcuno su quelle strade – mi ha detto papà – c’è rimasto, con la sciarpa al collo. E’ andata così per anni, sempre la stessa storia. Catania-dipendenti, nel bene e nel male. Fino a 12 mesi fa i soliti di casa – nonno, papà e fratello – li ho visti davvero star male, li vedevo tristi, rassegnati, e quando gli chiedevo «papà ma domenica dove gioca il Catania?», la risposta era diversa da prima: «Beddu ro papà, il Catania non gioca più». Io in realtà non lo capivo ma vedevo lui star male e allora stavo male anch’io. Io parlavo di Juventus, Milan, Inter e lo avevo quasi convinto a comprarmi la maglia di Osimhen, me la prometteva però non me la comprava mai. Lui resisteva, perchè era forte. E di nascosto lo trovavo guardare i gol di Cantarutti, Cipriani, Spinesi, Maxi Lopez ma poi un bel giorno successe qualcosa. All’improvviso lo capì subito, era come se a casa fosse tornata la felicità. Papà sorrideva, nonno tornò davanti alla tv perchè c’erano Micale e Patanè. Mio fratello cantava delle nuove canzoni da stadio, ed io non capivo. «Il Catania è tornato», mi disse papà. Semplicemente così. Ma, a dirvi la verità, io continuavo a parlare di Lautaro e Dybala. Lui invece di Pelligra, di Grella, Ciccio Lodi. E proprio in quel momento disse mia mamma di coprirmi bene. Era settembre, andai al ‘Massimino’ per la prima volta. Eravamo tanti. Smisi di parlare e di chiedere, in pochi minuti capì tutto. Capì mio nonno, mio papà, mio fratello, le loro notti insonni, il loro amore per Catania, per il Vulcano e per il Catania. E allora smisi anch’io di parlare di Milan, Juventus, Inter e iniziai a parlare anch’io di Catania. Come mio nonno, mio papà, mio fratello perchè qui dentro è passata la vita della mia famiglia. Anch’io tiferò e sosterrò sempre il Catania perchè in questa maglia c’è qualcosa del sangue di tutti noi. Ed anch’io ho imparato ormai un coro qui dentro e non lo dimenticherò più. Ho capito che siamo figli del vulcano con la lava nelle vene. Che di Catania siamo il vanto e che questa maglia ci appartiene. Ecco, io ormai voglio essere uno di voi. Non voglio vivere più senza questa squadra perchè mi sono innamorato, perchè questa squadra è qualcosa di più di una squadra. Perchè questa squadra è mio nonno, il mio papà e mio fratello insieme. Perchè questa squadra è unica. Forza Catania”.
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