Il Pm della Procura di Catania, Fabio Regolo, ha provveduto attraverso il nucleo operativo della Guardia di Finanza a notificare a sei ex dirigenti della società Calcio Catania servizi srl l’avviso di conclusione delle indagini in merito al fallimento della ex società che gestiva il complesso sportivo Torre del Grifo Village.
Il pm contesta ai sei ex responsabili della società vari reati e in particolare, secondo quanto riporta QdS.it, all’amministratore unico della società si rileva il reato punito dagli art. 81 codice penale e 216 comma 1 “perché in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, quale amministratore unico dal 31-07-2019 consistita nella gestione di “unit business” in cui si articolava la struttura Torre del Grifo, nonché quale amministratore delegato della controllante Calcio Catania spa dissipava risorse ed effettuava pagamenti in violazione della par condicio creditorum. In particolare procedeva a pagare debiti della controllante per circa 186.722, pur avendo maturato debiti erariali aventi privilegio superiore…”.
Nel provvedimento il Pm contesta anche agli altri indagati di aver distratto “o comunque dissipato risorse” e gli articoli 110 cp 216-223 comma 2 perché ”cagionavano o comunque aggravavano per effetto delle operazioni dolose il dissesto della società che versava in una situazione di conclamata anti economicità della gestione caratteristica fin dalla costituzione, con perdite sempre crescenti e un evidente squilibrio finanziario costante per tutto il periodo”.
“In particolare – si legge ancora nel documento della Procura – avendo perso il capitale sociale già nel 2016, con un patrimonio netto azzerato, senza procedere con gli adempimenti previsti dall’art. 2447 e 2482 comma 3, proseguivano l’attività con l’ottica della continuità, senza limitarsi alla conservazione del patrimonio sociale, effettuando pagamenti alla controllante Calcio Catania spa, prescindendo dall’esistenza di fatture erogando così di fatto anticipazioni ed acconti quando già vi era una grave crisi finanziaria che impediva la pur minima continuità aziendale della fallita, sostenendo, della costituzione fino alla dichiarazione di fallimento, anche costi relativi alla gestione della controllante regolati poi da compensazioni che non consentivano mai la restituzione di liquidità da utilizzare per far fronte ai propri debiti, arrivando anche ad anticipare liquidità per 464mila euro”, allo scopo di “tenere in vita una prosecuzione servente alle sole esigenze della controllante, maturando ulteriori perdite e aggravando l’esposizione debitoria fino ad arrivare a oltre 1.918.000 euro…”.
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