L’ex rossazzurro Pasquale Marino ha concesso un’intervista interessante ai microfoni di ‘Corner’, su Telecolor, commentando le vicende del Catania attuale e del passato rossazzurro sia in panchina che da calciatore.
“Gli ultimi mesi della passata stagione sono stati difficili per tutti i catanesi – le parole di Marino –. Tanto dispiacere, tanta sofferenza. Adesso però si percepisce la ripartenza con una società che ha la possibilità di creare un ciclo nuovo facendo tornare i colori rossazzurri dove meritano. Il Catania ha fatto tantissimi anni di Serie A, tanti di B, i tifosi sono abituati a certi livelli, però nonostante il campionato di militanza sia la Serie D, il pubblico segue con la stessa passione di sempre la squadra”.
“Ai miei tempi da calciatore rossazzurro in D eravamo numericamente pochi in squadra. Adesso leggo che il Catania ha costruito praticamente due squadre forti. Noi eravamo contati, si potevano effettuare anche meno sostituzioni, quindi dovevamo tirare la carretta tutti. Adesso c’è tanta differenza, leggendo la formazione la maggior parte dei ragazzi hanno militato in categorie superiori. Ho allenato tra questi Lodi, Somma e Rizzo, calciatori che sono un lusso per la D”.
“A Catania tornai nei professionisti con Massimino Presidente quando ero giocatore, poi con la gestione Pulvirenti nelle vesti di allenatore andammo in A, ci salvammo l’anno successivo e la squadra ha continuato per tanti anni la militanza in Serie A. Gli ultimi tempi sono stati infelici ma la passione dei catanesi non muore mai. Catania è una città che vive di calcio, a prescindere dalla categoria. Quando festeggiammo la promozione e la salvezza in Serie A, fu come vincere il torneo di D. Io ho un ricordo indelebile soprattutto al rientro da Bologna, dopo il successo contro il Chievo. I tifosi ci aspettavano all’aeroporto e vedere tutta quella gente è stata un’emozione grande per me, anche perchè avevo già deciso di andare via. Da un lato la felicità di avere chiuso bene un ciclo, dall’altro staccarsi da Catania non era facile. Anche per la mia famiglia. Basti pensare che le mie figlie per tentare di farmi cambiare idea mi facevano ascoltare i cd di alcune canzioni di Castiglia”.
“Com’è gestire una rosa di tanti giocatori? E’ sempre un’arma a doppio taglio. C’è bisogno di un organico formato da numerosi calciatori di livello, ed è il massimo per un allenatore questo, ma al tempo stesso lasci in panchina elementi che sono più o meno sullo stesso livello. La situazione va gestita bene, valutando durante la settimana come stanno i giocatori. Non è facile, poi le vittorie aiutano. Nei momenti di difficoltà è necessario avere una società forte dietro che aiuti l’allenatore nella gestione di un gruppo composto da giocatori di spessore e grande personalità, ma credo che il Catania farà un campionato a parte. Coinvolgendo più calciatori possibili. E’ importante avere ragazzi che abbiano l’intelligenza di capire che l’obiettivo è vincere, a prescindere da quante partite giocheranno”.
“Del Catania che ho allenato ci sono tanti ragazzi che hanno intrapreso la carriera di allenatore, quindi la concorrenza aumenta (ride, ndr). De Zerbi, Caserta era a Benevento ma purtroppo è stato esonerato, Polito è diventato un grande direttore sportivo, Sottil sta facendo bene all’Udinese. Tutte persone intelligenti che hanno dato seguito alla carriera in maniera importante. Spesso ci confrontiamo, ogni tanto mi vengono anche a trovare. Sono persone con un grande avvenire e sul piano caratteriale dotate di una forza importante nella gestione del gruppo”.
“Senza il 2 febbraio 2007 dove sarebbe potuto arrivare il Catania? Conquistammo 29 punti nel girone d’andata, erano tanti. In quello di ritorno avremmo potuto mantenere la stessa media e, magari, fare un pensierino per l’Europa. Anche perchè l’anno dopo sulla panchina dell’Udinese arrivai in Europa con 57 punti. Poteva starci di fare qualcosa di straordinario. Se tornerei al Catania? Quando stai bene in un posto è normale che prima o poi potresti ritornare. Potrebbe esserci questa opportunità, so che la gente a Catania mi vuole bene. Ho anche il murales allo stadio, mio nipote mi ha mandato la foto, io non l’ho ancora visto di presenza. Fa piacere”.
“Cosa è cambiato in Serie D rispetto al passato? Qualcosa di diverso c’è nell’intensità e nei ritmi. Giochi su impianti non di livello e devi immedesimarti nella D perchè tanti ragazzi, nel caso del Catania, sono di categorie superiori. Da allenatore io ho vinto anche la Serie D con il Paternò. E’ un campionato difficile, dove le squadre mettono tanta intensità, provocano, lottano, però io ho sempre pensato di vincere le partite con idee di gioco e tanta qualità. Ci divertimmo allora. Io credo che la qualità emerge quando hai giocatori che la palla non te la fanno vedere. Il Catania gioca a calcio, non butta via la palla perchè ha un organico superiore a tutti gli altri. Noi a Paternò eravamo una matricola ma abbiamo impostato fin dall’inizio in qualsiasi campo l’idea di proporre un calcio propositivo, adottando la mentalità giusta. Abbiamo stravinto il campionato. Il Catania ha anche blasone, deve mettere sempre dentro lo stesso agonismo degli avversari, così da far emergere la differenza tecnica”.
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