Nel corso della presentazione del Catania SSD allo stadio “Angelo Massimino”, un Gianluca Di Marzio visibilmente emozionato ha dedicato una serie di parole cariche di significato ricordando i momenti indelebili vissuti alle pendici dell’Etna con la squadra rossazzurra allora guidata dal papà, Gianni, entrato nella storia per avere portato l’Elefante in Serie A nel 1983:
“Perdonatemi se l’emozione mi travolgerà. Mi chiamo Gianluca, Gianluca Di Marzio, e sono figlio di Gianni Di Marzio, l’allenatore che ha portato il Catania in Serie A nel 1983, quasi 40 anni fa. Vi ho scritto alcune parole, spero di non emozionarmi troppo ma sono scritte dal cuore. Io ero piccolino, avevo 9 anni e la magliettina rossazzurra sponsorizzata S7, mi mettevo vicino alla panchina di papà e festeggiavo con lui ai gol di Cantarutti, di Crialesi, di Mastalli, ai rigori conquistati da Barozzi, contro la Lazio, alle parate miracolose di Sorrentino, ai salvataggi di Ranieri, di Mosti, di Ciampoli. E i primi a corrermi incontro erano il massaggiatore Gino Maltese e il dottor Galletta. Non dimenticherò mai quegli spareggi vinti a Roma. Eravate dovunque. I romanisti tifavano per noi, 50mila cuori all’Olimpico sulle note di ‘Grazie Roma’, poi l’incredibile abbraccio alla squadra a Fontanarossa dove non passava una mosca da quanta gente era assiepata in ogni angolo. Riuscirono però a portarmi sulla scaletta dell’aereo, in braccio al mio e al vostro allenatore. Insieme passammo in mezzo alla folla che gridava «Di Marzio, Di Marzio!» facendo tremare i muri dell’aeroporto. Papà mi ha racccontato poi di avere detto di no al Palermo in quei giorni, perchè voleva restare qui con Angelo Massimino e fare la Serie A nella sua Catania. Non andò come sognava, eppure il ricordo di quei magici momenti che avete vissuto insieme a lui sono rimasti scolpiti nella sua testa e nella sua anima fino all’ultimo giorno della sua vita. Qui mio padre ha comprato casa a Cannizzaro, magari lo avrete visto girare per le strade, sulla scogliera. Non ha mai voluto venderla, affittarla, perchè questo doveva essere il suo prezioso rifugio in nome della serenità e delle emozioni che sono diventate adesso eterne. La brioche con la granita mandorla e gelsi… il seltz limone e sale… il club della stampa, il ‘Leonardo da Vinci’ dove andavo a scuola, le partite a calcetto con gli amici. Catania è stato, è e resterà sempre un tatuaggio – come lo chiamava lui – indelebile sulla pelle. E sono sicuro che lassù Gianni e Angelo proteggeranno la squadra e abbracceranno forte questa società che è nata con grande entusiasmo e con idee chiare. Per far rinascere il calcio in questa magnifica città, riportando il Catania dove merita e dove Di Marzio e Massimino 40 anni fa lo consegnarono alla storia”.
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