Nell’attesa che qualcuno arrivi con la voglia di investire a Catania e nel nuovo Calcio Catania, sento dentro di me qualcosa – in genere è una voce che snocciola pensieri e considerazioni su impulsi emotivi ricevuti dal mondo esterno – che mi dice che la componente meno coinvolta che sta a guardare e non ha voce è proprio la tifoseria, la voce di quelli che amano la propria squadra e la propria città, i cittadini, devoti dei propri colori, i magnifici e non comuni – persino unici – rosso e azzurro.
Fateci caso, il bando del comune ha liquidato la questione dell’azionariato, in due righe due, con un lapidario “sarà la nuova società a decidere come e se avere nella propria compagine societaria un coinvolgimento di tifosi/cittadini”. Io non mi sento rappresentato da un atteggiamento o da una indicazione che non si sforza di considerare la presenza essenziale del tifoso/cittadino, non un cenno al ruolo che la tifoseria possa avere nella riscrittura di questo incerto futuro. Nada de nada. Sono intervenuti una serie di illustri e noti tifosi/cittadini con un’associazione che ha voluto mandare un messaggio di benvenuto a chi verrà a prendere il vessillo della città in forza della propria notorietà professionale e politica, bene. Vorrei far notare che se non si sveglia la voglia del cittadino/tifoso e della sua forza d’urto, difficilmente un progetto di rilancio potrà avere successo.
Semplifico: se i tifosi/cittadini decidono di sposare il progetto serio e concreto dei nuovi proprietari sottoscrivendo una quantità adeguata di abbonamenti, diciamo 5-7-10 mila, ma dovrebbero e potrebbero essere di più nonostante le condizioni dell’economia catanese attuale, e si compie lo sforzo di fare abbonamenti e sottoscrizioni pluriennali (quattro anni) non necessariamente tutti da versare subito, e trovando regole di raccolta fondi avanzate, la nuova società saprà che potrà contare su un certo introito. I tifosi/cittadini avrebbero la soddisfazione che il loro sforzo finanziario e di costruzione diventa basilare e che la base cittadina garantisce un sostegno reale al club. Affidando poi al campo il solito, entusiasta e incondizionato afflato di riscatto per le risalite di categoria.
Il club dovrebbe riconoscere questo comportamento e dare ai rappresentanti designati il diritto ad essere presenti formalmente, anche come semplici auditor nelle riunioni societarie. Non si dovrebbe fare niente di più di quello che un club fa normalmente e in questa serie (la D?) un tale contributo concreto garantirebbe quella differenza che una città come Catania, se coesa e rispettata, può fornire coprendo una parte non trascurabile del budget annuale di gestione del club. Le istituzioni dovrebbero dare riconoscimento ai cittadini/tifosi offrendo loro un luogo semi istituzionale, una ‘Casa del tifoso’, dove sviluppare insieme le dinamiche del tifo, delle scenografie, dei canti e creare quella indispensabile socialità in presenza, creare un precedente importante di aggregazione, non alla palermitana come museo del club, nemmeno alla milanese con i suoi servizi di marketing e di immagine, ma manifestare la catanesità dalla base e vedere cosa siamo in grado di generare. Almeno questa attenzione i tifosi la meritano.
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