Rosario Faraci, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università degli Studi di Catania, interviene ai nostri microfoni sulla situazione calcistica etnea parlando in particolare dell’associazione Catania Rossazzurra, appena costituita, dell’azionariato popolare e della possibile percezione di questo gruppo da parte di una eventuale nuova proprietà.
Ci sono le premesse affinché l’associazione Catania Rossazzurra, neo costituita, possa raggiungere l’obiettivo che si è posta di partecipare attivamente alle attività del nuovo Catania e a promuovere il territorio?
“In realtà, si tratta di una sorta di azionariato del cuore. Non credo di aver capito che ci siano altre aspettative da parte dei promotori, se non la forte motivazione a supportare la società sportiva con grande affetto e con l’acquisto di una quota simbolica del nuovo capitale sociale del Calcio Catania, ovviamente se la nuova proprietà lo vorrà. È una formula già sperimentata in altre piazze e non rappresenta un vero azionariato popolare, tipo Barcellona per intenderci, cioè una alternativa ai modelli proprietari dominanti del calcio moderno in cui c’è un azionista forte o un fondo di investimento saldamente al timone della società. Io lo vedo piuttosto come un gesto d’amore, un po’ come quando si sottoscrive l’abbonamento per una intera annata, anche se poi i risultati sportivi sul campo non dovessero essere all’altezza delle aspettative. Con la differenza che l’abbonamento è più volatile, mentre la sottoscrizione di una quota infinitesima del capitale sociale esprime un commitment più forte verso la squadra e la città”.
Una ipotetica nuova proprietà perché dovrebbe volere al proprio interno una compagine di questo tipo? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un azionariato all’interno di una società calcistica?
“Le ultime dolorose vicende dal Calcio Catania hanno giustamente determinato un clima di disillusione e pertanto nessuno si fida più di nessuno. I tifosi, feriti nell’orgoglio e nello spirito di attaccamento alla bandiera, non si fidano delle promesse fatte da un azionista forte che si propone come l’investitore del nuovo Catania; un imprenditore o una cordata di imprenditori interessati al calcio magari preferiscono non avere interferenze esterne nel disegno del nuovo modello proprietario. Evocare modelli del passato non ha più alcun senso ed alimenta soltanto forme di retrotopia. Invece, aprire il capitale sociale del nuovo Calcio Catania anche a piccoli azionisti locali è una soluzione interessante. Non stiamo infatti parlando di una governance nuova e rivoluzionaria in cui è il popolo di piccoli soci a comandare attraverso una loro rappresentanza nella governance della società; piuttosto si tratta di una evoluzione degli assetti proprietari futuri, dove una quota del capitale sociale potrà esser riservata a quanti, per amore e perché legati al territorio, e non perché allettati dalle sirene della politica, porteranno anche un pezzo della Città di Catania dentro la società sportiva del Calcio Catania”.
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