Ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com Pasquale Casale, ex centrocampista del Catania durante il biennio ‘79-81, commenta l’incertezza sul futuro societario rossazzurro facendo anche un tuffo amarcord relativamente alla propria avventura alle pendici dell’Etna ed al suo rapporto con il presidente Massimino, caratterizzato da grande schiettezza e sincerità.
Come ti spieghi il fallimento di molte squadre importanti e blasonate negli anni?
“Il fallimento del Catania, così come quello di molte altre realtà sportive, è legato principalmente all’improvvisazione ed all’assenza di programmazione. Piazze importanti come quella etnea meriterebbero soltanto proprietà forti e solide purtroppo però spesso si assiste all’arrivo di società prive di concretezza e progettualità che non fanno altro che affossare il destino di un club. In tal senso anche i meccanismi di controllo non sembrerebbero essere adeguatamente efficaci nello scongiurare questo tipo di situazioni. Più in generale però credo che il nostro calcio abbia un grave problema strutturale, basandosi troppo sugli incassi ed i diritti televisivi ma senza una vera progettualità o investimenti infrastrutturali. Tutte le nostre squadre di vertice hanno grossissimi debiti perché per vincere servono investimenti e ciò comporta ovviamente dei costi notevoli. In Inghilterra invece si investe moltissimo sugli stadi e sulle infrastrutture generando ulteriori introiti. Il mio augurio è che con l’avvento dei fondi stranieri questa situazione cambi in meglio.”
Adesso i tifosi del Catania temono per il futuro.
“Il mio desiderio è che arrivi una proprietà solida piuttosto che una vincente ma priva di fondamenta adeguate. Non serve l’improvvisazione ma soltanto idee e capacità. Piuttosto che rinunciare a questi requisiti sarei disposto ad accettare una proprietà che magari non vinca subito ma che assicuri una risalita lenta ma solida. Inoltre sarei molto favorevole all’azionariato popolare, che secondo me determinerebbe anche l’affidabilità e la solidità di un progetto. Spero che chiunque arrivi a Catania sia affidabile, serio e forte economicamente, in grado di garantire continuità.”
Pasquale, con la maglia del Catania hai disputato due stagioni e conquistato una promozione in Serie B. Inevitabile chiederti di ripercorrere quei momenti…
”In tutta onestà dico che all’inizio ho vissuto male il mio trasferimento al Catania, perché passare dalla serie A al campionato di C1 per un ragazzo della mia età è sembrata quasi una bocciatura. Avevo disputato una decina di partite con l’Avellino in massima serie siglando anche una rete per cui nelle fasi iniziali del mio trasferimento c’era sicuramente un po’ di delusione. Poi però l’impatto con la città mi ha fatto cambiare idea e lì ho capito di essere arrivato in una piazza realmente importante e piena di prospettive. Tra le altre cose in quell’anno lì riuscimmo a centrare la promozione in B ed io fui anche premiato come miglior giocatore del girone meridionale arrivando persino nell’Under 21. A Catania ho disputato due anni stupendi che mi consacrarono nel calcio italiano, pertanto non posso che custodire un bellissimo ricordo. In cadetteria affrontammo squadre del calibro di Milan, Lazio e Sampdoria. Tuttavia la partita che mi ha fatto emozionare più di tutti è stata la sfida interna contro la Salernitana nell’ultima giornata interna del Girone B di C1 (1980). Lo stadio era assolutamente fantastico, c’era un pubblico pazzesco che festeggiò insieme a noi la promozione. Quello è stato il momento più bello dei miei due anni a Catania.”
Hai citato il “Presidentissimo”, quale rapporto ti legava a lui?
“Con il Presidente c’è sempre stato un rapporto di grande schiettezza e sincerità. Ad esempio i primi tempi addirittura spesso e volentieri ci mandavamo a quel paese avendo entrambi due forti personalità. Dopo un mio piccolo incidente però lui si attaccò a me quasi morbosamente trattandomi davvero come un figlio e quindi sviluppammo un rapporto bellissimo e meraviglioso che purtroppo si interruppe a causa dei miei malintesi con mister Mazzetti. Io chiesi la cessione anche se lui cercò di trattenermi a tutti i costi. Le incomprensioni con Mazzetti mi costrinsero ad andare via seppur con grande dispiacere mio e del presidente Massimino.“
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