La redazione di TuttoCalcioCatania.com ha avuto il piacere di sentire telefonicamente Jaroslav Sedivec, attaccante ceco in forza al Catania dal 2002 al 2004. Anche per lui è stato grande il dispiacere per la scomparsa del Calcio Catania, mantenendo però viva la speranza che si possa ripartire presto e bene. Sedivec ne ha approfittato per rivivere i momenti più iconici trascorsi alle pendici dell’Etna con commenti interessanti sugli ex compagni di squadra e sulla famiglia Gaucci. Chiosa finale sugli attuali playoff di Serie C, con la Feralpisalò, sua ex squadra durante la stagione ‘2011/12, ancora in corsa per un posto in Serie B.
Jaroslav, che emozioni ti ha suscitato il fallimento del Calcio Catania?
“Sono molto dispiaciuto, vicino alla città ed ai tifosi. A Catania ho lasciato una parte del mio cuore e tutt’ora percepisco grande affetto nei miei confronti. Conoscendo la piazza, avendola vissuta per due anni e comprendendo la grandissima passione dei tifosi verso quei colori sono veramente triste. Per una città come Catania anche la Serie C è un palcoscenico troppo stretto, figurarsi adesso senza il professionismo. La piazza non avrebbe assolutamente meritato tutto questo. Spero che possano subentrare degli imprenditori, magari locali, che amino realmente la città e rilevino la nuova società non soltanto per affari o puro business ma per riportare questo club nei palcoscenici che merita. Catania è una piazza meravigliosa e merita tutto il meglio possibile.”
Le tue sono parole sincere. Cosa hanno rappresentato per te i colori rossazzurri?
“Catania è stata la mia prima esperienza nel calcio italiano e già solo per questo la piazza etnea rappresenta per me qualcosa di speciale e indimenticabile. Quell’anno scelsi io di andare in Sicilia, non ho avuto alcun dubbio, rifiutando altre proposte. Anche se ormai sono passati 20 anni quella in terra etnea è stata un’esperienza stupenda che porterò sempre dentro di me. Catania è stata una delle poche realtà nella mia carriera che ricorderò costantemente con grande affetto, spero di aver lasciato un buon ricordo. Ho amato tutto, dalla squadra alla città, passando per la gente, lo stadio, i tifosi. Io provenivo da un Paese nel quale il calcio era vissuto in modo diverso rispetto all’Italia e ritrovarmi all’improvviso in una realtà come quella catanese, piena di passione e con uno stadio sempre gremito di tifosi, è stato davvero emozionante.”
Con la squadra etnea hai disputato due campionati di Serie B conquistando rispettivamente un 17º ed un 9º posto. Quali erano effettivamente i vostri obiettivi stagionali e cosa non andò come previsto?
“Considerando la promozione appena ottenuta, l’obiettivo per il primo anno era ovviamente la salvezza. Peraltro io non parlavo italiano e, arrivando da un campionato molto differente, avevo bisogno di tempo per ambientarmi. Inoltre in quella stagione la società cambiò 5 o 6 volte l’allenatore con addirittura il primo esonero avvenuto ancor prima dell’inizio del campionato. L’anno dopo invece con mister Colantuono credo che nel complesso disputammo un gran campionato, nel quale io riuscii ad offrire un buon contributo. Purtroppo per pochissimi punti ed un pizzico di sfortuna non riuscimmo a raggiungere i playoff. L’unica pecca di quell’annata sono stati i risultati nei derby che non hanno assolutamente reso giustizia al nostro torneo. Nonostante il primo anno incontrammo qualche difficoltà, raggiungendo la salvezza proprio all’ultima giornata, mi ricordo che sia contro il Palermo che con il Messina riuscimmo a non perdere mai. L’anno dopo giocammo bene macinando tanti punti, ma al “Barbera” uscimmo sconfitti per 5-0. Potendo cambiare qualcosa di quella mia seconda stagione dico assolutamente i risultati nei derby.”
Con chi dei tuoi ex compagni hai legato maggiormente e che ricordo hai della famiglia Gaucci?
“Ho legato con tantissimi ex compagni che, considerando anche la mia giovane età ed inesperienza, mi presero davvero in simpatia facendomi sentire a casa. Molto spesso poi la sera uscivamo e andavamo tutti insieme a mangiare fuori. Tra tutti Lulù Oliveira, essendo anche il mio compagno di stanza, è stato forse colui al quale mi sono legato di più e poi, oltre ad essere un giocatore formidabile, era davvero una persona fantastica e professionista esemplare. Nonostante un’età non più giovanissima in campo dava sempre il massimo da grande capitano. Vorrei però citare anche altri compagni di squadra come Fini, Zeoli, Gennaro e Sasà Monaco, Fusco, Mascara, Baronchelli e tanti altri, con i quali mi sono sempre trovato benissimo. Ho vissuto due annate davvero stupende con squadre fortissime e composte da grandissime persone che mi hanno costantemente aiutato nel percorso di crescita personale ed ambientamento. Da loro ho imparato tanto, soprattutto cosa voglia dire il rispetto verso una maglia ed una città. Mi reputo molto fortunato ad aver lavorato con un gruppo eccezionale e composto innanzitutto da grandi uomini oltre che ottimi calciatori. Anche sulla famiglia Gaucci non posso che spendere parole bellissime. Erano delle persone veramente squisite ed a modo oltre che grandi conoscitori di calcio, in primis proprio Luciano che ormai non c’è più. Riccardo, che caratterialmente gli assomiglia moltissimo, ed Alessandro, più calmo e tranquillo, hanno ereditato dal padre il modo di essere e lavorare. Un loro ritorno, magari proprio a Catania, non potrebbe che giovare al calcio italiano.”
La Feralpisalò, tua ex squadra, ha sorpreso un po’ tutti nei playoff di Serie C raggiungendo la semifinale. Chi vedi favorito tra il Palermo ed i gardesani per un posto nella finalissima e, tra tutte le quattro pretendenti, chi secondo te salirà in Serie B?
“Senza troppi giri di parole il Palermo è una vera e propria corazzata. La squadra è stata costruita per vincere il campionato e quindi credo che i rosanero siano nettamente favoriti. A livello di città, piazza e tifo non possono esserci paragoni ma alla fine ciò che conta è solo il responso dato dal campo. Per esperienza diretta posso affermare che la società verdazzurra ha un modo di lavorare tra i migliori di tutta la penisola, basandosi esclusivamente sulla serietà, professionalità e lungimiranza. Sono partiti come una piccola realtà ma, facendo parlare soltanto i fatti e lavorando duramente giorno dopo giorno, hanno avuto una crescita esponenziale, raggiungendo grandi risultati. Con idee chiare ed oculatezza hanno costruito il centro sportivo ed allestito una squadra sempre più forte, ingaggiando elementi funzionali e mirati ma senza strafare. A mio avviso la Feralpisalò dovrebbe essere il modello calcistico da perseguire. Al di là di tutto comunque i playoff sono un terno a lotto e ovviamente giocare dinanzi a 2 mila persone non è lo stesso che gareggiare contro le 30mila di Palermo”.
Si ringrazia Jaroslav Sedivec per la cortesia, la disponibilità ed il tempo concesso per l’intervista.
***CLICCA QUI per mettere MI PIACE alla nostra pagina Facebook***