Ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com l’esperto dirigente sportivo ed ex direttore dei rossazzurri Sergio Gasparin ha esternato le proprie riflessioni sul passato e sul futuro del calcio a Catania. Partendo dalla gestione Pulvirenti in Serie A, fino ad arrivare ai disastri degli anni successivi culminati con il fallimento e la sparizione dei colori rossazzurri.
Direttore, partiamo dal campo. Come ha valutato il campionato disputato dai rossazzurri e chi l’ha colpito maggiormente tra calciatori e staff tecnico?
“Complessivamente il Catania ha disputato un campionato importante anche perché, al di là delle aspettative o dichiarazioni di inizio stagione, non possono certo essere dimenticate le tante vicissitudini societarie. Considerando il momento psico-fisico vissuto dagli etnei, il rendimento delle ultime settimane ed i valori espressi sul rettangolo verde prima dell’estromissione dal campionato, il Catania sarebbe potuto essere la grande mina vagante dei playoff, che come sempre sono ricchi di sorprese ed incognite. L’Avellino per esempio è stato eliminato nonostante, a mio avviso, fosse una delle compagini meglio attrezzate per arrivare alle fasi finali, pertanto i rossazzurri si sarebbero tranquillamente potuti giocare le proprie chance all’interno degli spareggi. Tra coloro che invece mi hanno impressionato di più scelgo il Luca Moro osservato per tutto il girone d’andata e l’allenatore Francesco Baldini, i quali secondo me sono stati le grandi note caratteristiche di quest’annata. Dal punto di vista prettamente sportivo ritengo che entrambi, rispettivamente dal campo e dalla panchina, siano stati determinanti per l’ottenimento di risultati importanti.”
Anche se solo per un anno lei ha lavorato nel Catania lasciando un ottimo ricordo in città. Che effetto le fa sapere che quel club non esiste più e cosa le ha trasmesso questa piazza rispetto ad altre realtà?
“Una grande amarezza perché l’annata che io ho trascorso alle pendici dell’Etna è stata indimenticabile. Ripensare alla parentesi catanese per me sarà sempre un ricordo molto particolare e denso di emozioni, non soltanto per aver raggiunto il risultato più importante dell’intera storia rossazzurra con quel punteggio e quella classifica in Serie A, ma soprattutto per il rapporto straordinario che ho avuto con la gente e le manifestazioni di affetto e stima che ho ricevuto dall’intero popolo catanese. Questi sono aspetti che custodisco gelosamente e saldamente dentro il mio cuore. Ciò che è successo non può che costernarmi e rendermi partecipe del dolore sportivo che in questo momento tutti i tifosi ed appassionati rossazzurri stanno provando.”
Perché la sua strada e quella del Calcio Catania si sono separate nel Maggio del 2013?
“Il presidente Pulvirenti ha voluto modificare la struttura organizzativa cambiando l’assetto societario assumendo lui stesso un ruolo da protagonista operativo con l’aiuto di un ex agente internazionale come Pablo Cosentino chiamato direttamente alla guida del club. Io non condividevo quel tipo di organizzazione societaria ritenendola un errore clamoroso e così le nostre strade si sono divise. In quell’occasione dissi anche che ognuno di noi nella vita, così come in questo tipo di situazioni, ha un alleato o un acerrimo nemico che è il tempo. Il tempo avrebbe dato ragione a Gasparin o a Pulvirenti. Io non credevo in quel tipo di organizzazione e lo dissi anche al presidente. Lui però era fermamente convinto di quel progetto e così mi sono fatto da parte. Io sono arrivato a Catania dopo una carriera molto lunga sia dal punto di vista manageriale che sportivo e quindi possiedo delle precise convinzioni su quello che deve essere il modello organizzativo a capo di una società. La struttura che invece il presidente Pulvirenti ha voluto modificare, interpretare ed instaurare semplicemente non era quella nella quale io credevo.”
Com’è stato possibile passare dalla Serie A ad alti livelli ad un tracollo totale culminato poi con il fallimento?
“Dal mio punto di vista era facilmente prevedibile una situazione altamente negativa. Su come si sia realizzato questo cataclisma economico finanziario bisognerebbe chiedere direttamente a colui che ha voluto realizzare questa rivoluzione dell’assetto societario. Ho sempre detto di non nutrire fiducia in quel tipo di organizzazione e se quella tipologia di struttura avesse effettivamente portato grandi risultati diciamo che avrei dovuto ricredere e riscrivere completamente quella che era stata la mia storia ed esperienza manageriale. Purtroppo ciò che si è materializzato è stata la conferma ulteriore che la professionalità, l’impegno e la rettitudine, tanto morale quanto professionale, pagano sempre.”
Durante l’esercizio provvisorio lei ha sostenuto che il bando fosse “poco attrattivo” a livello imprenditoriale. Era solo una sensazione o qualcuno potenzialmente interessato le aveva chiesto informazioni al riguardo?
“Il bando è stato redatto in modo eccellente dal punto di vista tecnico, ideato senza alcun dubbio da professionisti altamente qualificati e grandi conoscitori della materia fallimentare, ma senza le giuste conoscenze calcistico-sportive. Quel bando aveva al suo interno un insieme di condizioni e limitazioni che avrebbero inutilmente complicato la vita a chi avesse acquistato la società, comportando peraltro un ulteriore aggravio ed esborso economico. La mia era una semplice riflessione da uomo di calcio e conoscitore della materia sportiva.”
Lei che ha vissuto e gestito direttamente Torre del Grifo può chiarire se il centro sportivo sia effettivamente una risorsa o se invece, analizzando anche il rapporto costi/benefici, nelle serie inferiori possa essere effettivamente più un problema? Il nuovo Catania quindi dovrebbe puntare sin da subito sul Village?
“Torre del Grifo era un’opportunità straordinaria nella massima serie perché i proventi derivanti dal campionato di serie A erano tali da consentire il soddisfacimento delle rate del mutuo e dei costi di gestione e manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, di un impianto di assoluta eccellenza sia per ciò che riguarda le strutture sportive direttamente legate all’attività agonistica della squadra che per quelle ricettive e fruibili anche dal pubblico esterno. È chiaro che scendendo di categoria e diminuendo di gran lunga gli introiti complessivi, tutto questo si sia trasformato progressivamente in un aggravio molto importante. Attualmente credo che uno dei problemi maggiori per chiunque rilevi la struttura sia proprio la parte manutentiva, perché un impianto che inizia ad avere un certo numero di anni richiede una manutenzione continuativa e quotidiana che da qualche anno si è interrotta e ciò comporterà indubbiamente un ulteriore aggravio nella spesa di rinascita della struttura. Credo che chi acquisirà Torre del Grifo debba considerare non tanto l’attività della società sportiva, che ripartendo dal massimo campionato dilettantistico avrà proventi limitatissimi e tantissimi costi – quindi potrà contribuire solo in modo molto marginale e contenuto nelle spese di gestione del centro sportivo – ma puntare su un progetto di rilancio della struttura attraverso un business plan che possa riportare in attivo i costi gestionali. È un compito molto arduo ma dall’altra parte avresti comunque a disposizione una struttura d’eccellenza.“
Secondo lei da quale categoria ripartirà il Catania e cosa dovrebbe fare la nuova proprietà per ritornare nel calcio che conta?
“A mio avviso il Catania deve ripartire dalla Serie D. Ogni tanto sento qualcuno, anche di altre società, che solleva dubbi sulla questione ma a mio modo di vedere la normativa è molto precisa ed indicativa a tal riguardo. Il bacino d’utenza del territorio catanese e la tradizione calcistica della città rendono giusta e doverosa la ripartenza dal massimo campionato dilettantistico. Detto questo è chiaro che poi bisognerà comporre un grande progetto perché il Catania sarà chiamato a ritornare immediatamente tra i professionisti. Bisognerà puntare su uno staff competente e grande conoscitore della categoria perché non sempre si vince, ed anzi spesso può rivelarsi addirittura controproducente, ingaggiando elementi provenienti dalle categorie superiori e che magari mal si adattano al campionato dilettantistico per ciò che concerne ad esempio il contesto ambientale o quello relativo ai terreni di gioco. Sarà fondamentale quindi reperire sul mercato le adeguate risorse tecniche da consegnare al futuro allenatore sfruttando la competenza e la conoscenza della categoria da parte dei nuovi addetti ai lavori.”
Catania è stata la sua ultima esperienza professionale nel mondo del calcio. Scelta personale o non ha ancora trovato il progetto giusto?
“Io a differenza di molti miei colleghi non ho vissuto solo di calcio, nel senso che ho realizzato un percorso molto lungo a livello manageriale ed aziendale, conservando un ottimo rapporto con tanti imprenditori che mi stimano e nutrono fiducia nelle mie capacità. Pertanto da questo punto di vista ritengo di avere la fortuna di essere un uomo libero e di poter scegliere con serenità e tranquillità il mio percorso professionale. In tal senso la stessa vicenda Catania, che mi ha riguardato in prima persona, ritengo sia stata abbastanza emblematica. Il presidente Pulvirenti mi disse di rimanere in qualità di semplice direttore ma io, non condividendo il suo pensiero sulla gestione societaria, rifiutai l’offerta e mi feci da parte. In questi anni comunque mi sono arrivate un certo numero di proposte che però non avevano le caratteristiche, o dal punto di vista progettuale o da quello della categoria di riferimento, tali da farmi rinunciare almeno temporaneamente alla mia attuale attività manageriale.”
Crede che stavolta possano pervenire tante offerte da parte di imprenditori o gruppi interessati al club?
“Contrariamente a prima stavolta il ruolo determinante sarà rappresentato dall’amministrazione comunale che avrà il compito di analizzare e valutare le eventuali offerte. Credo che questa possa essere una buona opportunità per Catania così come lo è stata per tante altre realtà, anche molto importanti, che si sono trovate in questo tipo di situazioni ma che, ripartendo dalla Serie D, sono riuscite a realizzare un percorso in qualche caso anche abbastanza vincente o comunque molto importante dal punto di vista sportivo. Da questo punto di vista l’amministrazione comunale rappresenta una garanzia perché, agendo in loco, avrà il grande vantaggio di conoscere in maniera molto dettagliata e precisa le proposte che arriveranno dal territorio, mentre invece ciò che potrebbe giungere da altre destinazioni dovrà essere esaminato più attentamente, attraverso un controllo molto dettagliato su quelle che sono le garanzie sul piano dell’impegno, della rettitudine e della progettualità. Da ex rossazzurro ci terrei a concludere il mio intervento salutando tutti i tifosi catanesi come quando ero alle pendici dell’Etna: Forza Catania Sempre!”
Si ringrazia Sergio Gasparin per la gentilezza, la cortesia ed il tempo concesso per l’intervista.
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