Contattato dalla nostra redazione, l’ex portiere del Catania Andrea Campagnolo ha ripercorso la propria avventura alle pendici dell’Etna, dicendosi costernato per quanto accaduto negli ultimi tempi al club rossazzurro ma senza risparmiare alcune stilettate nei confronti dell’allora dirigenza etnea, rea di non aver mantenuto le promesse fatte al momento della firma sul contratto. Queste le sue dichiarazioni:
Andrea, con il Catania hai vissuto tre stagioni di Serie A. Qual’è il ricordo più bello della tua esperienza etnea e c’è un partita in particolare che ti è rimasta impressa?
“Catania è stata sicuramente un’esperienza di vita stupenda. Ho vissuto gli anni più belli della storia recente del club rossazzurro in Serie A e proprio per questo mi dispiace davvero tanto che la situazione sia degenerata fino a questo punto. Vivendo lontano e non leggendo i quotidiani locali molte dinamiche interne non le conosco, pertanto non posso commentare il percorso societario ma spero vivamente che questa piazza possa risollevarsi il più in fretta possibile. Per ciò che riguarda una partita in particolare vorrei dire innanzitutto che, nonostante la società mi avesse promesso un ruolo da titolare, l’arrivo di Andujar mi ha un po’ precluso il percorso perché la società schierava sempre lui. Sebbene io abbia avuto a disposizione pochissimo spazio, ho fatto più di qualche partita principalmente in Coppa Italia, riuscendo anche a togliermi delle soddisfazioni. Penso ad esempio al quarto di finale disputato all’Olimpico contro la Roma dove sono riuscito ad essere determinante in diverse situazioni. Questa gara in particolare la ricordo con grande emozione ed affetto.”
Quindi quando nel 2009 lasciasti la Reggina, dove fino a quel momento fosti il portiere titolare, per sposare il progetto Catania in realtà il club rossazzurro non mantenne le promesse iniziali?
“Sostanzialmente si. Nel mio ultimo anno a Reggio Calabria, con grande rammarico, non riuscii ad offrire il mio contributo a causa di un infortunio subito durante il periodo natalizio. Rimasi circa un mese e mezzo lontano dal terreno di gioco e, dopo il mio rientro, la società amaranto mi comunicò l’intenzione di non volermi rinnovare il contratto mettendomi completamente da parte e non facendomi più giocare. Addirittura mi allenavo in disparte lontano dalla squadra e tuttora non ne comprendo i motivi. Alla luce di queste vicende verso Aprile la dirigenza etnea mi chiamò chiedendomi se, alla fine dell’anno, fossi disposto a venire a Catania prospettandomi un ruolo da assoluto protagonista. Diciamo che quando firmai per il club rossazzurro il mio ruolo sarebbe dovuto essere quello del portiere titolare. Dopo però arrivò anche Andujar così ci ritrovammo due galli nello stesso pollaio. Con mio rammarico posso affermare che non avevo modo di invertire le gerarchie perché doveva giocare sempre lui ed anche quando magari il portiere argentino attraversava dei momenti di difficoltà le scelte erano diciamo obbligate. A me è dispiaciuto tantissimo non essere stato tanto preso in considerazione nonostante ciò che fossi riuscito a dimostrare negli anni precedenti. Purtroppo ormai è andata così quindi stop. Argomento chiuso. Per il resto fuori dal campo mi sono sempre trovato benissimo. Catania è una città molto calda con dei tifosi davvero attaccati alla maglia ed è un vero peccato aver visto questo club e questa magnifica gente finire così. Mi auguro che nei prossimi anni ci possa essere qualche imprenditore che si metta la mano sul cuore e riporti il Catania là dove merita di stare.”
Tu hai conosciuto Pulvirenti e Lo Monaco nel loro periodo di massimo splendore. Secondo te cosa non ha funzionato negli anni successivi e come mai, nel corso della sua seconda esperienza etnea, il dirigente campano non è riuscito a riportare il club nel calcio che conta?
“Non vivendo la situazione direttamente per me è molto difficile poter dire cosa non abbia funzionato dopo il suo ritorno. Nei tre anni che ho vissuto alle pendici dell’Etna posso affermare che la squadra, la società e la dirigenza erano sicuramente al top. Si facevano sempre acquisti mirati e di ottimo livello aiutati anche dagli agganci giusti specialmente in Argentina. Lo Monaco era un po’ il padre padrone che si sentiva in dovere di far tutto ciò che voleva ma, in quegli anni lì, alla fine dei conti ha sempre avuto ragione lui. Forse la società e Pulvirenti hanno voluto fare il passo più lungo della gamba pensando troppo in grande. Tra il centro sportivo, contratti onerosi ed altri aspetti si fa presto a contrarre dei debiti. In più se sul campo le cose non vanno bene, con la retrocessione in B capitata qualche anno dopo il mio addio, le entrate ne risentono. Cambia tanto a livello economico tra la Serie A e la cadetteria ed è lì che molto probabilmente sono iniziati i veri problemi. Presumo possa essere andata così ma ovviamente questo è soltanto il mio pensiero. Magari ci sono tante altre cose dietro delle quali non sono a conoscenza.”
Nelle ultime due stagioni il Catania ha spesso avuto “le porte girevoli”. Dall’alto della tua esperienza ritieni che la mancanza di gerarchie ben definite possa rappresentare un vantaggio o uno svantaggio?
“In realtà questo è un aspetto molto eterogeneo che dipende in toto dagli interpreti a disposizione. In alcuni casi un portiere può essere stimolato a far meglio se sa che dietro di lui c’è qualcuno pronto a rubargli il posto o comunque a contendersi il ruolo da titolare, qualcun altro invece soffre questo aspetto e riesce ad offrire il massimo soltanto se si sente sicuro della titolarità. Tutto è subordinato e legato alla personalità del singolo individuo. Da questo punto di vista credo che nel calcio moderno ormai si abbia una maggiore tendenza verso la meritocrazia e quindi ognuno, com’è giusto che sia, ha le proprie chance per mettersi in mostra e giocarsi le proprie carte. D’altronde se si possiedono in squadra due portieri di pari livello che possono giocare entrambi da titolare, ben venga la concorrenza, cosicché se un portiere sta attraversando una fase di difficoltà immediatamente dietro c’è l’alternativa giusta pronta a non far rimpiangere il proprio compagno di squadra.”
Si ringrazia Andrea Campagnolo per la cortesia, la disponibilità ed il tempo concesso per l’intervista.
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