Josè Sorbello, Presidente regionale dell’Associazione allenatori di calcio, riflette sulle problematiche che hanno portato la Catania calcistica a sprofondare, ai microfoni di TeleOne nel corso di ‘Sala Stampa’. Ecco quanto evidenziato:
“Benedetto Mancini? Onestamente avevo delle perplessità su di lui, che si sono rivelate tali. Non avevo una documentazione sulla quale avere certezze, ma poi si è rivelato un avventuriero. E’ chiaro che adesso, per ripartire, conta avere una società con una consistenza economica di un certo tipo ma bisogna anche possedere delle risorse etiche e morali indispensabili, in primis. Poi i soldi si trovano, ma nella situazione socio-economica che vive da anni Catania non è facile che l’imprenditoria catanese riesca ad intervenire contribuendo affinchè il Catania torni a certi livelli”.
“Se l’aiuto potrebbe giungere dal Nord Italia? Dopo l’Unità d’Italia storicamente il Sud è consumo e il Nord produzione. Questo è il modo di pensare che continua ad essere presente. La città si è sfarinata. Dagli anni ’60 al 90′ Catania era una delle città italiane più vive, poi non c’è stato un seguito. Si sono messi in evidenza alcuni personaggi dell’imprenditoria che, dopo, hanno fatto una fine misera purtroppo, non c’è stato il ricambio che tutti si aspettavano. Il fallimento del Catania appartiene a tutta la città. C’è anche un problema endemico a Catania, quello delle strutture sportive. Catania fra strutture private e pubbliche ne ha 32, Bologna 372. Dove dobbiamo andare? C’è qualche problema importante. Anche in termini di competenze”.
“Ripartenza dalla Serie D? Lo stabilisce la Federazione. Ci sono delle normative, o si applicano o si interpretano. Sono sicuro che verrà preso in considerazione il fatto che Catania sia la settima città d’Italia, non si scherza. Anche dal punto di vista della storia Catania non ha niente da invidiare a nessuno. Ricominciare dalla D non è automatico ma sicuramente la Federazione terrà conto di tutto questo, non è cieca“.
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