L’articolo riportato è uno stralcio dell’originale, non volto a sostituirsi a questo, pertanto invitiamo ad approfondire i contenuti presenti acquistando il giornale ‘La Sicilia’ in rassegna
Rosario Faraci, che insegna Principi di Management all’Università di Catania dove è Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Impresa analizza il fallimento del club rossazzurro:
“Certa classe politica distratta e poco lungimirante, ma sempre sul pezzo quando c’è da chiacchiere per attirare consenso. E altrettante colpe a certa classe imprenditoriale locale, molto estrattativa e poco generativa per usare un eufemismo, insomma pronta solo quando c’è da prendere e non quando bisogna dare e per nulla interessata allo sviluppo del territorio. Coniugare sport e business non è facile. Ci vogliono capitali ma anche idee nuove e progetti articolari in fasi temporali ma soprattutto autentiche figure manageriali che al Calcio Catania sono mancata da sempre. Quando ci sono state alcune parentesi di management, ad esempio con Gasparin, hanno avuto breve durata. Si preferiscono spesso uomini di fiducia che magari possiedono la virtù dell’obbedienza al proprietario, ma non sempre hanno quella indipendenza di pensiero e di azione richieste ad un professionista di esperienza. Non è più il tempo dei presidenti mecenati come Angelo Massimino”.
“Dove ha sbagliato il Catania? Ha pesato il forte indebitamento e si è passati da un utile di più di 4 milioni nel 2012 ad una perdita di esercizio di oltre 8 milioni all’ultimo bilancio, situazione insostenibile. L’asset principale del Catania sarà il pubblico. Ma la tifoseria va informata sempre e coinvolta, organizzata in community, social e sul territorio. Di fronte ad un progetto aziendale serio e lungimirante, anche parte della tifoseria si accollerà qualche quota sociale del nuovo Calcio Catania se la nuova proprietà si aprirà ad un azionariato popolare. Pensate a quanto sarebbe bello se, alla nascita di un nipote, i nonni (tifosi) gli regalano alcune quote azionarie del nuovo Catania!”.
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