Orazio Russo, che oltre ad aver giocato per il Catania ha ricoperto un ruolo da dirigente in Serie A e responsabile dell’accademy nelle ultime stagioni, è tornato a parlare della disfatta societaria che ha portato al fallimento ed alla scomparsa del Calcio Catania, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport:
“La vita senza calcio per i catanesi è difficile. Sì, è complicato pensare che si rischia di ripartire chissà da quale categoria. Sembra un incubo, speriamo di risvegliarci presto. Il rapporto con i tifosi mi ha gratificato, nel mio percorso calcistico non è vero che non esistono profeti in patria. La gente di Catania si è forse identificata, mi ha sostenuto. Sono stati tutti parte integrante della mia vita. Dopo la gara col Genoa, sotto la casacca, ho esposto la scritta“Grazie Catania”. E quella frase riassume la mia vita. Avevo un rapporto fraterno con Ciccio Famoso, uno dei simboli dei tifo rossazzurro. La maglia della Serie A, l’unica che mi rimaneva, l’ho consegnata in occasione dell’ultimo saluto”.
“Il Catania è la mia vita. Adesso che non c’è più mi sento come ingabbiato. Ho fatto il team manager in Serie A accanto a Giampaolo, Simeone, Montella, Maran. Rapporti splendidi, ci sentiamo spesso. Il rapporto umano che rimane è il particolare che ti gratifica aldilà dei successi. Poi ho lavorato nel progetto Academy, fino al 9, con una gioia immensa perché un centinaio di ragazzini che imparavano i movimenti del calcio ti trasmettevano ottimismo. Ho allenato la Berretti portandola in semifinale scudetto, l’Under 17 e fino a qualche mese fa la Primavera”.
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