Diario di bordo, Day 1 | Dispersi, con l’eredità di una fede da salvare

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Ho preso il mio taccuino, e ho cominciato a riversarvi fatti accaduti, pensieri e riflessioni. In realtà non ho cominciato oggi, ma un bel po’ di tempo fa, man mano che il dispiegarsi degli eventi ci ha portato alla deadline, e questo “Primo Giorno” da dispersi, senza la principale realtà sportiva della città, che insieme a molte altre negli anni hanno regalato emozioni, nelle vittorie e nelle sconfitte, è quello in cui comincio a farlo condividendo i contenuti con i lettori. Ho iniziato a mettere per iscritto tutto ciò che ho visto per poter tirare le somme senza dimenticare niente, perché dimenticare è uno dei mali peggiori in cui si ha il rischio di incappare. Ringrazio il direttore di Tutto Calcio Catania, Livio Giannotta, per aver accolto positivamente questo mio proposito. Spero, al pari degli altri servizi offerti dal giornale, di essere utile alla comunità con questa rubrica. Nel mio piccolo, come sempre, ci si prova.

Le parole di mister Francesco Baldini, a Torre del Grifo questo pomeriggio, hanno sfondato il cuore di tutti i tifosi accorsi al centro sportivo di Mascalucia per salutare la squadra. Il tecnico dei rossazzurri, anzi l’ormai ex tecnico, lascia nelle sue ultime dichiarazioni – probabilmente – un manifesto emozionale da cui si potrebbe ripartire. “Non so chi è fallito – ha detto Baldini oggi pomeriggio –, sicuramente non i tifosi e la squadra, che hanno dato una lezione a molti con le loro azioni. Abbiamo lasciato in mano ai tifosi la scelta di quelli che dovranno passare da Catania per rilanciare la società. Loro hanno le chiavi, valuteranno chi verrà in futuro”.

Ciò che il Calcio Catania, nella sua lunga storia, ha tramandato e continua a tramandare è una fede che può essere trasferita alla squadra di domani, la cui legittimità però può esserle affidata solo dalla passione della gente. Bisogna riappropriarsi di questo principio, allora, ovvero che la squadra di calcio è e dovrà essere patrimonio della città e non dei pochi gestori di questo bene collettivo. Questo è l’insegnamento cruciale che ci lascia questa (terribile) esperienza cittadina. Le emozioni di Torre del Grifo, del resto, oggi, ne sono una prova lampante. “Noi siamo il Calcio Catania” hanno urlato gli appassionati supporters rossazzurri, ed effettivamente nella scomparsa del simbolo e nella revoca del titolo sportivo alla città, resta – intangibile – qualcosa di forte nell’aria, una luce che nessuno può spegnere: sono i ricordi di partite datate, di avventure negli stadi italiani, di persone che non ci sono più, di imprese storiche ed esclamazioni che hanno fatto il giro dell’Italia e non solo (Clamoroso al Cibali, Catania Piccolo Barcellona e tanti altri).

Questo non può portarselo via chi ha condotto il Catania in prossimità del baratro e chi poi l’ha spinto giù trascinandosi dietro ad esso. E per ripartire davvero, da zero stavolta, il primo passo da compiere è quello di rintracciare le responsabilità (perché è un passaggio necessario), di trovare le risposte ai tanti perché, di scavare più a fondo e oltre le apparenze, scegliendo chi rappresenterà domani, interpretando i giusti valori indispensabili per ricominciare, una intera città. Chi ha perso qualcosa in fin dei conti, ha ragione Baldini, non è certo chi vive la propria fede, coltivando ciò che ama e tramanda, anche nei momenti più difficili in cui si vagabonda, dispersi.

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