Il commercialista ed ex dirigente rossazzurro Mario Coppa, che ha seguito per un breve periodo il percorso (rivelatosi poi inconcludente) di Benedetto Mancini, analizza quanto vissuto dal Catania negli ultimi mesi, fino ad arrivare all’epilogo della revoca dell’affiliazione, con tanti dubbi sul futuro. Lo fa intervenendo ai microfoni di TeleOne, nel corso di ‘Sala Stampa’. Queste le parole evidenziate da TuttoCalcioCatania.com:
“La proposta di azionariato popolare portata avanti dall’avv. Ingrassia? L’iniziativa è lodevole perchè fatta e proposta da un uomo che stimo molto, valente avvocato e grande tifoso che ha convidiso con me i momenti belli e brutti di passate stagioni di un Catania che offriva qualosa di diverso in un periodo differente dal punto di vista economico e sociale. L’iniziativa è più che altro volta a porre la questione in termini di affetto e partecipazione, dando Catania un aiuto morale e importante con una piccola risorsa. Come dire «ci siamo anche noi». Per questo è un’iniziativa lodevole, encomiabile per certi aspetti ma le cose da fare saranno molto più importanti”.
Mancini? Nella recente esperienza, lo dico da catanese e da uomo che ama questa città, mi sono scommesso in prima persona. A quest’asta non ha partecipato nessuno. Solo una persona, con tutti i dubbi del caso a cui ci siamo aggrappati perchè avevamo la speranza che qualcuno potesse affrontare quest’avventura. Insieme all’avvocato Spadaro il lavoro era quello di ricercare certezze, che alcune volte questa persona offriva, vedi il deposito cauzionale che ci diede speranze. I curatori stessi, persone meravigliose svolgendo le loro attività nei limiti dei loro compiti e nelle facoltà che potevano avere, in cuor loro speravano che tutto andasse per il meglio e penso che i primi ad avere una grossa delusione siano stati loro. Mancini riusciva a convincere per un pò i professionisti, guadagnando anche tempo con i curatori, i quali nei limiti delle loro possibilità glielo hanno dato, ma non è stato conseguente in tutte le cose che ha detto. Era l’unica persona che voleva impiegare del denaro, poi questo denaro in parte arrivava, in parte no. C’era un’alternanza di umori. Ricordo quando un lunedì Mancini ci comunicò che avrebbe versato un assegno circolare di 200mila euro presso il notaio Grasso. Depositò in effetti un assegno circolare di 200mila euro ed ebbi un momento di respiro positivo, poi l’indomani accadde qualcosa per la quale mi convinsi che non c’era nulla da fare. La curatela non era una controparte, curava il fallimento e gli interessi della città. Occorreva anche dare garanzie sull’esercizio provvisorio che man mano diventava sempre più oneroso, lui doveva versare delle somme alla curatela ma con quelle difficoltà come avrebbe fatto anche il resto? Lì abbiamo capito che non c’erano le possibilità di andare avanti”.
“I curatori hanno fatto tanto e l’impossibile, cercando anche di racimolare qualche somma per poter affrontare l’esercizio provvisorio o comunque la partita col Latina. Penso che abbiano raggiunto 40 mila euro, quella è la prova evidente che questo grande amore per il Catania in città non ci fosse. Inoltre i tempi erano ormai scaduti. Si tentò in maniera informale di acquisire qualche disponibilità economica, i giudici erano in camera di consiglio ed hanno fatto ciò che era giusto fare, mi dispiace dirlo. I giudici applicano le norme, non il cuore. La disponibilità richiesta alla Federazione? Avrebbe potuto dare un pò di respiro, ma c’è da dire che giocano altri equilibri in Federazione. Quando ci fu la radiazione del Catania in passato noi avevamo tutto il tempo di poter ovviare a quanto ingiustamente ci chiedevano ma la loro decisione era già stata presa in tempi pregressi. Noi portammo un miliardo e mezzo di lire in contanti. Andai al CONI, parlai un’ora e mezza e mi sono ascoltato da solo, non hanno voluto sapere le ragioni. Erano sordi, fu una scelta politica fatta molto prima”.
“Adesso la mia paura è cosa accadrà col nuovo bando. Sicuramente serviranno un piano aziendale corposo da offire e garanzie certe da assicurare nel tempo. Ho qualche dubbio ma mi auguro che l’imprenditore interessato ci sia. Ci vorrà tempo e denaro per risalire. La corsa per poter tornare in C non sarà semplice, tante componenti incidono. E ritengo che prendere il Catania attraverso il bando per la vendita del ramo sportivo sarebbe costato meno di adesso. Perchè il bando dava la possibilità di acquisire il ramo con un prezzo base di 500mila euro, mantenendo la C con un esercizio provvisorio da affrontare e una somma che poteva anche essere garantita con una fideiussione intorno ai 3 milioni. Chi oggi volesse partecipare alla possibilità che concederà il Comune, penso che spenderà molto di più nel tempo“.
“Torre del Grifo? E’ molto appetibile, anche se gestire una struttura di quel tipo è difficile per tutti. Perchè i costi per il mantenimento sono elevatissimi, la manutenzione da fare è enorme. Torre del Grifo non sarà di chi prenderà il Catania, ma penso che avrà un privilegio nell’utilizzare le strutture sportive, un minimo di contratto d’affitto penso che sarà fatto a chi si aggiudicherà l’eventuale bando. Il grosso imprenditore lo dobbiamo cercare da Roma in su? Forse sarà l’unica strada perchè Catania soffre questo momento di grande crisi. Non c’è una cultura imprenditoriale a Catania ed è la cosa che più mi fa male questa. C’è anche da dire che le istituzioni non riescono ad attrarre gli imprenditori, nè gli imprenditori credono nelle istituzioni. Dare addosso al Sindaco del momento – che avrà anche le sue colpe – è sbagliato. Gli errori partono da molto lontano. Il peso di chi ha voluto gestire soltanto il potere del consenso ha fatto molto male a questa città”.
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