Il 17 gennaio di due anni fa ci lasciava a 71 anni dopo aver giocato come un leone la sua partita più dura l’indimenticabile Pietro Anastasi, il “Pelé bianco” come lo chiamarono i tifosi amanti di quel calcio romantico di cui era simbolo e ambasciatore universale. E’ quanto si legge attraverso la stampa lombarda e, nello specifico, quanto riportano i colleghi di varesenoi.it che evidenziano anche alcune dichiarazioni di Gedeone Carmignani e Claudio Gentile, amici che condivisero con lui alcuni straordinari momenti di vita.
“Ricordo la sua capacità di essere spontaneo, semplice e affabile – dice Carmignani, che lo conobbe quando arrivò in biancorosso nel 1966 proprio dalla Massiminiana – questo gli permise di farsi subito accettare dal gruppo. Noi che avevamo qualche annetto in più, rimanemmo sorpresi dalla sue grandi doti tecniche, ma soprattutto dalla sua grande grinta di ragazzo del sud che aveva lasciato la sua terra per cercare riscatto e fare fortuna. Questo è stato a mio avvivo l’esempio che Anastasi ha voluto dare a tanti suoi concittadini che lasciavano gli affetti più cari per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del nord”.
Gentile, invece, sottolinea: “Ricordo che arrivai a Torino alla Juventus stile Agnelli, cioè un club che allora era una scuola di vita, prima di essere una squadra di calcio. Pietro mi prese sotto la sua protezione come un fratello maggiore: mi insegnò tantissimo ma, soprattutto, una cosa fondamentale e cioè che da uomo del sud non avrei mai dovuto mollare perché ero un esempio per quelli meno fortunati di noi che lavoravano in fabbrica e che avevano come unica evasione la partita della domenica. Anastasi ha dato molto al calcio Italiano. E’ stato un esempio di leader carismatico e, forse, avrebbe potuto avere qualcosa in più dal mondo del calcio, ma non entro nei particolari. Mi piace ricordarlo come un ragazzo aperto, buono, sorridente, gran lottatore sia in campo che nella vita”.
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