Presidente della Fondazione Sport City, Fabio Pagliara commenta i temi legati all’attualità societaria in casa Catania, ai microfoni di Telecolor nel corso della trasmissione sportiva Corner:
“Con l’affitto di Torre del Grifo si paga la stagione ed è una buona notizia nell’immediato ma è chiaro che poi la struttura ha dei costi, vedi il mutuo. Se quei soldi vengono utilizzati per pagare altro, il debito da quella parte rimane. E’ un pò la coperta corta. Togli i problemi immediati ma in assoluto non so se quello è un utile rispetto ai costi di gestione del centro sportivo. Il Catania perchè era stato preso dalla Sigi? Al di là della parte romantica, si era convinti che la gestione della società potesse essere garantita nell’ordinario mediante le attività che tendevano a far proseguire la stagione non pagando con i conferimenti dei soci ma che l’esborso dei soci stessi potesse servire per cominciare a pagare una parte dei debiti. Non ci sono stati incassi per Covid, per scelte legate al modello, al marketing e altro. Non essendo maturati incassi sufficienti per pagare l’ordinario, i soci sono dovuti intervenire per pagare anche la gestione ordinaria. Era un’operazione di passaggio pensando di poter poi essere appetibili ripartendo da qualcuno che fosse più forte in una logica di continuità”.
“La realtà dei fatti però dice che si è scelto un modello diverso, un meccanismo economico differente e ora bisogna vedere come si intende proseguire per dare continuità alla società. Il Catania ha 63 milioni di debiti mi dicono, ma sul patrimonio della società c’è un asset come Torre del Grifo che vale 42 milioni. Per vendere una società come il Catania, con un grandissimo bacino ed una patrimonializzazione societaria importante occorreva anche che ci fosse un modello di sviluppo e un minimo di appeal, che la città rispondesse come sembrava in un primo momento potesse rispondere. Oggi purtroppo per ricostruire una situazione del genere la strada è un pochettino più lunga e tortuosa e bisogna dare sicurezza sul piano nazionale o internazionale. La soluzione unica che io vedo al di là di consegnare le carte in tribunale credo sia riuscire a dare serenità attraverso un piano che rassereni il possibile investitore. Difficilmente però un investitore entra mettendo subito 15 milioni di euro per una situazione che non appare solida”.
“La mia stima ed il mio affetto nei confronti di Pellegrino non è una novità. C’era una grande opportunità per la città, intervenendo con amore e trasparenza che Pellegrino e Guerini hanno garantito. C’era la possibilità di mostrare una società come Catania con uno spirito e un modello diverso. Adesso dobbiamo qual è la strategia migliore per andare avanti, riacquistando il rapporto con la città. Perchè non sono entrato in Sigi? Non c’è mai stato un problema economico, io ero e resto convinto che il modello del Catania non potesse essere quello attuale perchè non sostenibile. Non c’è una frattura dal punto di vista umano perchè ci siamo lasciati sorridendo con Nicolosi e ci sentiamo ancora con Ferraù e Pellegrino. Il modello classico di sopravvivenza del Catania non era sostenibile, penso alla Catania Card che sviluppata in quel modo era un errore e minava la possibilità di agire con l’attività di azionariato diffuso e crowdfunding. Avrei proseguito mettendoci la faccia in un modello che avrebbe funzionato correttamente e se più imprenditori avessero versato tanti soldi“.
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