Così Edy Reja, che ha allenato il Catania per un breve periodo di tempo nella stagione 2002/03 durante la gestione Gaucci, in Serie C, in occasione di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport: “Dopo Catania, nel 2003, avevo deciso di smettere. Mi iscrissi al corso per la patente nautica. Volevo girare l’Adriatico con la barca: la costa croata è fantastica. Una sera mi arrivò una telefonata di Cellino: mi offrì il Cagliari. Rifiutai, volevo godermi il mare, ma la stessa notte mi richiamò e il giorno dopo firmai il contratto. La carriera ripartì: Napoli, Lazio, Hajduk, Atalanta, Albania. Allenare mi piace: si sta a contatto coi giovani e sei connesso col mondo“. Nei giorni scorsi, all’età di 76 anni, Reja ha debuttato a Wembley sedendo sulla panchina dell’Albania, travolta con il risultato di 5-0 dall’Inghilterra.
Qualche anno fa Jaroslav Sedivec, che fu giocatore del Catania, parlò in questi termini dell’esperienza di Reja alle pendici dell’Etna (fonte lalaziosiamonoi.it):
“Era l’epoca di Gaucci che quell’anno ha cambiato quasi cinque allenatori e lui è arrivato quando cercavamo di salvarci, ma la situazione era compromessa. Per me lui è uno dei pochi signori del calcio, un bravissimo allenatore e un’ottima persona. Si fa rispettare ma sa anche parlare con i giocatori. Quando è arrivato il Catania era molto in basso e nonostante questo è riuscito a creare un bel clima intorno all’ambiente anche perché c’erano state molte contestazioni. Comunque noi entravamo in campo con meno timore e più concentrazione. Io con Reja giocavo nonostante fossi uno dei più giovani in rosa. E’ una persona attenta su tutto. Non si faceva condizionare dal fatto che i più vecchi se la prendevano se non giocavano. Il mister aveva un buon rapporto con tutti, era obiettivo: chi meritava giocava”.
“Quando andavamo al ristorante, sempre lo stesso, gli facevamo qualche scherzo sul vino. Lui è un appassionato e gli piacciono molto e allora noi cercavamo sempre di fargli qualche scherzo per farci una risata. Oppure certe volte in allenamento lo prendevamo in giro perché lui, essendo del Friuli, ha questo accento molto marcato e in quel Catania giocavano tutti calciatori siciliani o napoletani che non capivano quando ci spiegava le cose. Allora scherzavamo e dicevamo che non si capiva niente quando parlava”.
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