Tra i più giovani prodotti del vivaio del Napoli ad indossare la casacca della Prima Squadra partenopea, Pasquale Casale è ricordato in tante piazze importanti, tra cui Catania. Sotto l’Etna ha totalizzato ben 65 presenze. Nelle vesti di allenatore ha raggiunto la salvezza in situazioni spesso delicate e guidato varie squadre tra cui Cavese, Avellino, Atletico Catania e Gela. Casale è intervenuto ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com per analizzare le vicende di Catania e Juve Stabia, formazione quest’ultima allenata nella stagione ’97-98.
Il Catania è ripartito in panchina da Baldini, quanto è difficile lavorare nelle condizioni in cui versa il club rossazzurro?
“Baldini aveva fatto bene subentrando a Raffaele. E’ entrato subito nei meccanismi della squadra in una situazione difficile. Catania poi ha una storia, una tradizione, un pubblico importante. Bisogna essere bravi ad entrare anche nel cuore della gente, essere in sintonia con l’ambiente non è facile. Il compito in una piazza del genere è complicato per un allenatore, ancor di più quando c’è una crisi societaria in corso. Baldini deve dare sempre il massimo. E’ un dispiacere per una città dalle grandi potenzialità come Catania vivere questo clima. Il calcio è importantissimo, ha un impatto sociale molto forte soprattuto al Sud dove la vita è un pò più dura. Le forze politiche e sociali della città dovrebbero intervenire, mi auguro che si faccia qualcosa per salvare la storia del Catania e rilanciare una società importante”
Il Catania ha dovuto puntare su un mercato low cost e tanti giovani che hanno contribuito ad abbassare l’età media della rosa.
“Personalmente con i giovani ho sempre avuto un buon rapporto, facendo crescere ragazzi che poi fecero grandi campionati. Con Rambone a Catania vincemmo il campionato portando tanti ragazzi interessanti. Io a Gela mandai sul terreno di gioco parecchi giovani che non giocavano, poi facemmo un cammino quasi da promozione. Ho sempre mandato in campo giovani che inizialmente erano emarginati e fecero la differenza. Bisogna essere convinti di puntare su di loro, devi credere che ti possano dare qualcosa. Se i ragazzi sono in palla non vedo perchè non farli giocare, a prescindere dall’età e dall’importanza della partita”
Oggi il Catania sfida la Juve Stabia, quanto sarà insidiosa questa partita per i rossazzurri?
“La Juve Stabia è allenata da Walter Novellino che non stimo sul piano personale. Ha allenato grandi calciatori, lui è uno di categoria, nella prima parte della sua gestione riesce anche a caricare la squadra in un certo modo, poi però piano piano perde questa attitudine a galvanizzare i giocatori. Riesce ad inculcare una certa aggressività ed agonismo alla squadra ma negli ultimi anni ho visto che perde qualcosa durante la gestione. A Castellammare la situazione societaria è ben diversa rispetto al Catania, giocare al ‘Massimino’ però non è mai semplice. I rossazzurri possono vincere se l’ambiente sosterrà la squadra di Baldini. La Juve Stabia lotterà per i piani alti della classifica, è un’ottima rosa di categoria con giocatori anche di un certo valore ma penso sia alla portata del Catania”
Per il Catania può essere il momento giusto per trovare continuità?
“Il Catania deve stare attento ad una Juve Stabia guidata da un allenatore scaltro e in gamba. A volte vieni da una vittoria fuori casa e pensi di dare subito la svolta e di puntare in alto se vinci la successiva sfida tra le mura amiche. Spesso però in questi casi si può toppare in casa. Bisogna andare con i piedi di piombo. Sapendo che è stato importante vincere a Picerno ma non pensando di dare molto campo alla Juve Stabia, soprattutto a non sbagliare partita, a non farsi prendere dalla voglia di vincere a tutti i costi per cambiare la storia di questo campionato. Se sbagli partita la Juve Stabia è un avversario molto pericoloso”
Non perdere è il primo obiettivo?
“Anche il punto può essere un risultato positivo se magari arriva perchè hai fatto la tua partita intelligente avendo dato il massimo. Se fai la prestazione ma non riesci a vincere il punto va bene sempre. Adesso sta diventando di moda dire di essere propositivi e che il pareggio non serve, se non si concretizzano cinque pareggi ma cinque sconfitte sono cinque punti persi che a fine campionato pesano. Se do il massimo della prestazione ma mi voglio suicidare, porto a casa zero. Il calcio non è fatto solo dei tre punti. Tutti partono per vincere, se trovi un avversario che non ti fa giocare e sbilanci la squadra, perdi. Bisogna scendere in campo per vincere ma sempre sapendo leggere la partita, facendo bene le due fasi, capendo quando è il momento di spingere o di stare dietro. Il Catania ha perso dei punti così, evidentemente i giocatori devono imparare da questo punto di vista”
A proposito di punti persi, i rossazzurri si leccano ancora le ferite per il ko di Pagani in superiorità numerica e con un calcio di rigore sbagliato…
“Una volta ho pareggiato 2-2 in 9 uomini con l’Avellino. Lombardi tolse un centrocampista mettendo una punta in più, io invece avevo la superiorità numerica a metà campo. A volte si commettono degli errori clamorosi. Nel caso del Catania, ha sbagliato il rigore ma trovandosi in superiorità numerica si è sbilanciato in avanti alla ricerca della vittoria. C’è anche la sfortuna nel calcio, ma in queste situazioni credo poco alla sfortuna. Quando perdi in superiorità numerica con un uomo in più vuol dire che hai sbagliato. Magari dopo il rigore fallito il Catania ha smarrito quella cattiveria, quell’agonismo, accusando cali di concentrazione pagati a caro prezzo. Ci sono sempre degli equilibri da rispettare nel calcio, giocare con un uomo in più non è garanzia di successo”
Paradossalmente i giovani rossazzurri stanno facendo meglio dei calciatori più esperti, come te lo spieghi?
“Il giovane sa di avere occasioni che, magari, l’anziano non ha. Il giovane di qualità lo butti dentro e non pensa che si stia bruciando perchè ha una vita davanti, pur avendo una società con problemi economici non ne risente. A Gela, Ischia e in altre squadre ricordo che non pagavano gli stipendi, ma il giovane pensa solo a giocare bene per assicurarsi un futuro. Invece i più esperti quando sentono puzza di bruciato spesso vanno via, o se restano lo fanno malvolentieri, oppure non giocano con le stesse motivazioni perchè hanno il portafogli pieno. E’ un vantaggio avere in rosa dei giovani di valore. Il giovane pensa solo a dare il massimo, a prescindere da tutto, sa dell’importanza di fare un grande campionato e dalle vicissitudini societarie. Se i ‘pupi’ sono di qualità, paradossalmente è un vantaggio perchè hanno voglia di arrivare. Sembra un paradosso forte ma è così, ho vissuto più volte questa esperienza”.
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