“Con grande volontà di collaborare, mi sono impegnato al fianco di SIGI per garantire il pagamento degli stipendi e il rispetto di altre scadenze, inviando 800.000 dollari. Si è trattato di un grandissimo rischio personale, non essendo proprietario del Calcio Catania, ma l’ho affrontato senza esitare perché amo la città e la squadra e perché desidero mantenere vivo il club”. Così scriveva Joe Tacopina nel comunicato emesso il 27 aprile. Soldi che, a questo punto, nel caso in cui saltasse definitivamente la trattativa con il Catania, potrebbero non essere restituiti all’avvocato italo-americano. Bisogna, tuttavia, capire a quale titolo tali somme siano state versate.
Sigi sostiene che, innanzitutto, il bonifico di Tacopina è stato funzionale al pagamento dei creditori e dei debiti scaduti già da qualche mese, non degli stipendi che, invece, la SpA etnea aveva pagato regolarmente. Inoltre tale importo rappresenta parte di una cifra che Tacopina avrebbe dovuto mettere ai fini di esercitare il diritto d’opzione per l’ingresso nel Calcio Catania. Il tycoon statunitense teme di non riavere indietro questi soldi, mentre Sigi – per bocca del Presidente Giovanni Ferraù – ha spiegato nei giorni scorsi alla trasmissione televisiva Corner che “giuridicamente sono perduti”, aggiungendo che “moralmente se dovesse entrare un investitore importante io poi ne parlerò con Sigi perchè nessuno vuole regalato nulla. Lui doveva esercitare una opzione per prendere una percentuale del Calcio Catania. Sarebbe potuto entrare avendo già il 15% e poi magari fare la scalata. Non lo ha voluto fare, forse temeva il rischio di mettere ulteriore denaro”. Non si esclude che si possa aprire un contenzioso in sede legale tra le parti, qualora sfumasse una volta per tutte il passaggio di consegne a Tacopina.
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