Sono ore di inquietudine alle pendici dell’Etna riguardo le sorti del Catania. Un anno dopo, si vivono nuovamente gli stessi giorni di incertezza in merito al futuro dell’antico sodalizio calcistico cittadino. Il tempo incalza, la Sigi si sta prodigando per garantire la sopravvivenza del club portando avanti interlocuzioni con potenziali investitori in modo da far fronte a tutti gli impegni economici che attendono la società da qui alle prossime settimane.
Prioritario il salvataggio della matricola federale 11700 come ribadito a più riprese dai membri della controllante del club etneo. In questo momento è a rischio non solo il destino di un’azienda ma 75 anni di storia, vittorie, sconfitte, passione e tormenti con al centro sempre i colori rossazzurri. Ancora una volta il Catania è chiamato a mantenere la propria identità calcistica che si snoda attraverso le cinque cifre numeriche della celebre matricola federale. La partita più importante non si gioca sul rettangolo verde ma presso gli uffici di Torre del Grifo e i tavoli degli enti istituzionali.
Se gran parte dell’opinione pubblica cittadina auspica il salvataggio del Calcio Catania, c’è chi si prepara al peggio. Fallire equivarrebbe a cominciare da zero, senza il fardello dei debiti ma al tempo stesso senza la propria identità storica, mandando in fumo posti di lavoro, disperdendo il patrimonio tecnico del club, non possedendo più una struttura d’allenamento e ripartendo con mille incognite dal campionato di Serie D.
Fallire non sempre fa rima con rilancio, in ogni caso occorrono investimenti e progettualità per tornare nel grande giro. Le ritrovate fortune di Fiorentina e Parma di per sé rappresentano un “unicum” nel panorama calcistico nazionale. Piuttosto la storia ci insegna quanto sia difficile riemergere dalle “sabbie mobili”, ancor più dove manca un tessuto imprenditoriale forte che possa dar slancio all’attività sportiva d’alto livello.
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