Ha indossato la maglia del Catania vivendo uno dei momenti più importanti della storia del club in Serie A ma anche quelli più difficili in C. Nella stagione 2018/19 è ripartito dal Matera, squadra della sua città ma è stato travolto dal caos che ha prodotto l’estromissione dei lucani dal campionato. Adesso Gianvito Plasmati si è allontanato dal calcio, dedicandosi ad altre attività. Segue sempre con interesse, però, le vicende del Catania. Auspicando un futuro radioso per i colori rossazzurri. Abbiamo scambiato con lui qualche battuta, ringraziandolo per la cortese disponibilità.
Gianvito, stai seguendo la vicenda Tacopina?
“Da esterno noto che c’è una situazione debitoria rilevante, oltre al nodo Comune di Mascalucia e Agenzia delle Entrate da risolvere con tempi burocratici inevitabilmente lunghi. La trattativa va avanti da troppo tempo, ma questo aspetto non deve necessariamente essere considerato negativo. Nei giorni scorsi è uscito un comunicato sia di Tacopina che della Sigi, ma è il classico gioco delle parti. Chi tende a tirare la corda dalla propria parte, chi dall’altra. E’ importante che un personaggio della levatura di Tacopina abbia manifestato interesse per il Catania, ma lo è ancora di più che il Catania vada in mani affidabili e solide. Non si può prescindere da questo. Lo merita la piazza dopo anni d’incertezze”.
Scindendo l’aspetto extra campo da quello sportivo, come valuti fin qui la stagione del Catania?
“Il Catania ha registrato una serie di risultati importanti nelle ultime gare, ma il campionato va valutato nella sua interezza. Il cammino della squadra è assolutamente buono. Diciamoci la verità. In C, per come è strutturato il torneo, conta arrivare primi. Poi, anche affrontare gli spareggi da secondi non è un vantaggio assoluto come poteva essere, magari, sulla base della vecchia formula dei playoff. Oggi è davvero un terno al lotto vincere i playoff, considerando che sono tantissime le squadre partecipanti. Al Catania, comunque, la qualità non manca e se la giocherà”.
Hai avuto modo di conoscere Russotto in passato. Cosa può dare alla squadra in vista dei playoff?
“Andrea è un ragazzo istintivo, per come l’ho conosciuto io. Il processo di maturazione di un ragazzo può avvenire prima o dopo. Le sue qualtà sono importanti, lui deve dare continuità al lavoro svolto e questo ti porta a fornire le prestazioni. Io sono un cultore del lavoro, ritengo che tutto passi dal lavoro quotidiano della gestione campo ed extra campo. So che si è sistemato a Catania, ha un figlio, mi pare si sia tranquillizzato un pò. Le qualità di Andrea sono indiscutibili. Ricordo che fece benissimo all’inizio nella mia annata in Lega Poi, poi purtroppo ebbe un infortunio alla spalla e fu poco fortunato. Sono episodi che hanno un peso”.
Stanno emergendo i valori del gruppo e questo Catania è una squadra molto esperta. Quanto conta tale aspetto?
“Oggi nel calcio viene considerato maturo un giocatore di 30 anni. In realtà sei nel bel mezzo della carriera, mi vien da dire che arrivi a giocare anche con la sigaretta a ridosso dei 40 anni. I tempi sono cambiati. Si gestisce meglio l’aspetto fisico, si è evoluta la preparazione della gara, la parte atletica. La carriera di un giocatore si allunga, vedi Reginaldo che sta facendo bene. Idem Izco, anche lui mio coetaneo”.
A proposito di Izco, impossibile non ricordare la famosa partita Juventus-Catania…
“Come fai a dimenticare quella gara? Realizzai l’assist per il gol-vittoria di Izco. Mariano è un bravissimo ragazzo. Mi ha ringraziato, aspetto che mi faccia una statua (ride, ndr). Non capita tutti i giorni di battere la Juventus a Torino. Fu la prima vittoria con Mihajlovic in panchina, segnò l’inizio un nuovo corso. Partita spartiacque tra un campionato mediocre ed un super campionato. Poi io ebbi problemi con Lo Monaco…”.
Quando lasciasti Catania e decidesti di tornare, sentivi di avere lasciato qualcosa in sospeso?
“I problemi avuti con Lo Monaco mi spinsero a lasciare Catania. Poi tornai quando facevano parte della dirigenza Pitino, la buonanima di Ferrigno e Bonanno. Successivamente andai ancora via proprio in coincidenza con il ritorno sotto l’Etna di Lo Monaco. Il mio desiderio era quello di chiudere la carriera a Catania. Lo sapevano Pulvirenti e i dirigenti di allora. Riducendo il mio ingaggio (che non è mai stato un problema) per dare vita ad un nuovo progetto. Il primo anno partendo da -11 con l’obiettivo di salvarci, la stagione successiva costruendo una squadra per vincere. Io ho strappato un contratto regolarmente firmato. Avevo preso accordi con la dirigenza. Tornando Lo Monaco, ebbi un confronto con lui ma servì più a me per liberarmi che a lui per capire”.
Gianvito, in conclusione qual è il tuo bilancio in carriera?
“Adesso sono fermo, ho solo interessi imprenditoriali anche se nulla preclude un mio ritorno nel calcio. Poi con la pandemia ed il fallimento del Matera ho mollato. Ne ho vissuti di momenti brutti in carriera. A Siena mi feci male dopo tre partite in B, avevamo una rosa altamente competitiva ma nel contesto di una situazione societaria difficile. Poi il club fallì e mi ritrovai con altri due anni di contratto da strappare ed un infortunio serio. Difficoltà anche a Brindisi, Foggia, Messina. Ma ho avuto anche esperienze bellissime come Atalanta, Catania, Taranto, Lanciano, Vicenza, a Londra. Ho girato tanti posti. Non ho rimpianti, altrimenti significherebbe non essere felice. Potevo, comunque, ottenere qualcosa in più in carriera perchè io la Serie A me la sono costruita senza ricevere regali da nessuno. Me la sono guadagnata a morsi, con le unghie e con i denti. Decisi anche di scendere di categoria perchè, essendo rimasto un anno e mezzo fermo, avevo bisogno di rimettermi in corsa”.
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