E’ entrato nel tabellino dei marcatori praticamente ovunque abbia giocato. Tra le squadre in cui ha lasciato il segno, a suon di gol, spicca il Catania bombardando di reti gli avversari nel C.N.D. 1994-95. Il suo fu un contributo assai determinante nell’economia del campionato vinto dal Catania dopo innumerevoli sacrifici. L’ex attaccante Giuseppe Mosca interviene ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com ricordando anche Potenza 1-2 Catania, ad oggi ultimo successo rossazzurro allo stadio “Viviani” in gare di campionato:
Beppe, che ricordi conservi di quel Potenza-Catania?
“Fu un campionato molto duro, con squadre importanti come il Potenza. Il campo del ‘Viviani’ era ancora in erba naturale. Lo stadio lo ricordo stracolmo di gente e c’erano tanti sostenitori del Catania al seguito. Prima del match tenemmo una riunione in albergo e i tifosi ci diedero una grande carica. Noi avevamo una squadra composta da professionisti molto forti anche mentalmente, espugnammo 2-1 Potenza con reti rossazzurre di Del Vecchio e Pellegrino che, sfruttando un inserimento, in spaccata fece il gol-vittoria. Allora la denominazione del club lucano era Invicta Potenza. Match molto difficile perchè dovevamo tenere il passo del Milazzo che non mollava, ma noi avevamo un ruolino di marcia mostruoso. Quel C.N.D. era una spanna superiore alla Lega Pro di oggi. Vittoria voluta a tutti i costi, eravamo sempre tallonati dal Milazzo e non potevamo sbagliare. Determinante si rivelò proprio il successo nello scontro diretto col Milazzo, non mollando più di un centimetro”.
In quella stagione conoscesti anche l’uomo ed il professionista Maurizio Pellegrino…
“Nel nostro gruppo tutti hanno scritto una pagina importante. Maurizio non era titolarissimo per un discorso legato al numero di under da impiegare. Quando veniva chiamato in causa, però, era decisivo. Abitavamo nella stessa palazzina di fronte ai Faraglioni. Tutti i giorni andavamo al campo e tornavamo insieme, giocavamo spesso a carte. Eravamo molto affiatati. Maurizio è una persona non seria, di più. Parla poco, lo definirei un leader silenzioso. Ma quando parla sa quello che dice”.
Come lo vedi ora nelle vesti di Direttore dell’Area Sportiva?
“Lui per primo ha messo in funzione i neuroni per vedere cosa fare allo scopo di salvare il titolo. Sembrava impossibile, solo un pazzo poteva mettersi in moto. Tutto è partito da lui, poi ha coinvolto un professionista stimato a livello internazionale come Fabio Pagliara. Tutt’e due hanno avviato la macchina organizzativa e meriterebbero una statua. Pagliara aveva in mente di realizzare un azionariato mettendo insieme diverse formiche per fare un Elefante. In realtà l’Elefante c’è già, con Tacopina interessato ad acquisire il club. Secondo me la salvezza del Catania è passata anche dal complesso di Torre del Grifo, una miniera per il Catania e tra le migliori strutture sportive al mondo. Il Catania non è una scatola vuota. Strutture, passione, stadio, centro sportivo… c’è tutto”.
A proposito di Tacopina, con lui si preannuncia il definitivo salto di qualità?
“So di alcuni tifosi che s’interrogano sul reale impatto di Tacopina e le potenzialità del suo progetto, ma non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca. E’ un uomo d’affari, ha coinvolto altri facoltosi imprenditori. Vede un business da sviluppare, lo stadio da modernizzare, un centro sportivo come Torre del Grifo. E’ come se sapesse di comprare un appartamento a 50mila euro sapendo di guadagnarci 5 milioni. Magari nel giro di 4 anni farà rinascere il Calcio Catania, ripulendolo dai debiti e riportandolo dove merita. Oggi il Catania è una macchina ammaccata, deve rimettersi a lucido. Tacopina immagino che non baderà a spese”.
Hai temuto che realmente il Catania non ce la facesse a salvare la matricola?
“Il Catania stava cadendo, mancava davvero poco. I giudici hanno intuito che ci fossero i margini per evitare il fallimento, ecco perchè hanno concesso tempo per arrivare alla salvezza della matricola. Ma bisogna dire grazie a tutti gli imprenditori e tifosi che si sono aggregati per un atto d’amore vero e proprio, non un investimento, come anche l’avvocato Ferraù. Hanno tenuto duro fino all’ingresso, ormai vicino, di Tacopina che ha avuto modo di approfondire le esigenze dei tifosi etnei e le loro sfumature. Si è calato già in quello che vuole il catanese, un presidente in mezzo al popolo che ha studiato bene cosa sia il Catania per i catanesi. Io non ho mai visto un pubblico con una memoria e un attaccamento così importante nei confronti dei giocatori che hanno fatto bene in rossazzurro. Una tifoseria affamata che merita di stare nel calcio che conta”.
Il presente dice che il Catania è in zona Play Off. Si riparte da Raffaele, ti piace la nuova guida recnica?
“Ho giocato con Peppe. Lo conosco. Ricordo quando si esprimeva con quella sorta di siciliano italianizzato (ride, ndr). Gli piaceva aggiornarsi, parlare di calcio. Era già allenatore, abbiamo subito legato e ci confrontavamo spesso. Sono molto contento per lui che abbia fatto questo salto di qualità in una piazza come Catania. Non sta scritto da nessuna parte che devi prendere un allenatore da Trento, Milano o Bolzano per fare bene. Peppe è la dimostrazione che noi siciliani non siamo inferiori, alla prima esperienza da tecnico professionista ha portato il Potenza ad alti livelli e adesso guida il Catania. Non è un caso. Allenare il Catania è molto significativo. Rappresenta anche un’esperienza altamente formativa. Lucarelli, ad esempio, ai piedi dell’Etna è cresciuto alla grande, migliorando tantissimo. Non dimentichiamo quando giocava il 3-5-2 e i tifosi lo criticavano, adesso con il 4-2-3-1 sta facendo molto bene. Tornando a Raffaele, merita la fiducia della società. Gli servono tempo e qualche innesto a gennaio funzionale al proprio credo calcistico. In questo scorcio di campionato ha dovuto fare i conti con partite rinviate, programmi di lavoro stravolti, l’assenza totale di amichevoli, lunghe pause e numerose gare ravvicinate. Condizioni in cui gli infortuni capitano e l’allenatore non è certamente un mago”.
Può dire ancora molto il Catania in questo campionato secondo te?
“Ritengo che Tacopina inserirà i tasselli giusti per colmare i ruoli di società e squadra senza stravolgere le cose. Oggi vedo un Catania di categoria, aspetto fondamentale in Lega Pro, dove non vincono i nomi. Mi rendo conto che la piazza preferirebbe il grande nome, ma poi devi vedere cosa c’è dentro la scatola. Il Catania, in questo senso, ha fatto un ottimo lavoro sul mercato con Guerini e Pellegrino strutturando l’organico nel modo giusto, con competenza ed equilibrio. Si sono privati di contratti gravosi ringiovanendo la rosa. E’ stata sbagliata la strategia del Catania negli anni passati. Un calciatore di Lega Pro lo metti in A e, magari, fatica. Se uno di A lo inserisci in Lega Pro può fare ugualmente fatica. Il calcio non è una scienza esatta”.
Il gruppo di questo Catania può essere o diventare in qualche modo simile a quello incredibilmente unito dei tuoi tempi?
“E’ quello che mi auguro. Intanto sono state poste le basi. Noi incontrammo grandi difficoltà iniziali e passammo dalla disperazione all’apoteosi. Il Catania avrebbe cessato di esistere se avesse perso col Milazzo. Ci trovavamo su una cascata, passando da una parte all’altra appesi ad un filo, vedendo il precipizio ma ce l’abbiamo fatta. Come si dice, la fortuna aiuta gli audaci? Avevamo un gruppo granitico, composto da fratelli autentici che tra mille difficoltà si sono uniti e compattati”.
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