L’andamento dei 90 minuti del derby ha confermato una costante già ravvisata nelle gare precedenti: il Catania dura soltanto un tempo. Si tratta di un aspetto di primaria importanza su cui occorrono riflessioni da parte di mister Raffaele e del suo staff nell’ambito della gestione tecnica di questa squadra.
Molteplici le chiavi di lettura da sviscerare anche se il punto di partenza resta sempre quello: siamo di fronte ad una stagione anomala e fortemente condizionata dall’emergenza sanitaria. Da qui si dirada l’analisi dello stato di salute di una squadra che innanzitutto ha svolto la preparazione al campionato senza disputare un’amichevole. In assenza di test attendibili, le prime sette partite di campionato sono servite anche per testare condizione fisica e meccanismi di un organico rinnovato in gran parte rispetto allo scorso anno.
Il calcio è un gioco collettivo, impensabile che in campo vadano undici automi telecomandati a distanza dall’allenatore. Gli schemi di gioco non sono ben oleati e si vede, alcuni giocatori appaiono in ritardo di condizione e nel complesso si fatica a mantenere un ritmo costante nell’arco dei 90′. Come se non bastasse, tra squalifiche e infortuni non è stato possibile vedere all’opera l’undici migliore a disposizione di mister Raffaele.
La squadra presenta lacune strutturali e numeriche (in riferimento al reparto difensivo) e si sapeva a priori, del resto questo è principalmente un anno di ricostruzione societaria dopo aver scampato l’incubo fallimento in estate. Il calendario segmentato dai continui rinvii di certo non aiuta a trovare il bandolo della matassa ma è indubbio che ci si aspetta qualcosa in più da una squadra che sin qui ha espresso valori più che sufficienti nell’ambito di un campionato in cui l’equilibrio regna sovrano.
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