Da oggi in libreria è disponibile il libro “La partita della vita”, attraverso il quale l’ex allenatore del Catania Sinisa Mihajlovic raccolta la sua leucemia insegnando a non mollare mai. L’attuale tecnico del Bologna, a tal proposito, concede un’intervista al Corriere della Sera:
“Ammalarsi non è una colpa, succede e basta. La verità è che non sono un eroe e neppure Superman. Sono uno che quando parlava così, si faceva coraggio. Perché aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perché, e implorava aiuto a Dio, come tutti. Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. Chi non ce la fa, non è un perdente. Non è una sconfitta, è una maledetta malattia”.
“Venticinque agosto 2019. Prima di campionato a Verona. Peso 75 chili, ho solo 300 globuli bianchi in corpo. Imploro i medici di lasciarmi andare. Rischiavo di cadere per terra davanti a tutti e un paio di volte stavo per farlo. Nel sottopassaggio mi sentivo gli sguardi di compassione addosso. Quando mi sono rivisto in televisione, non mi sono riconosciuto». Perché rischiare? «Volevo dare un messaggio. Non ci si deve vergognare della malattia. Bisogna mostrarsi per quel che si è. Volevo dire a tutte le persone nel mio stato, ai malati che ho conosciuto in ospedale di non abbattersi, di provare a vivere una vita normale”.
Adesso mi godo ogni momento, prima non lo facevo e davo tutto per scontato. La malattia mi ha reso un uomo migliore. Sono un uomo controverso, divisivo. E ci ho messo del mio. Ma se faccio una cazzata, mi prendo le mie responsabilità. Chi è oggi Mihajlovic? Un uomo che cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno. Gli applausi e l’affetto mi hanno aiutato molto. Ma adesso basta. Non vedo l’ora di tornare a essere uno zingaro di m…”.
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