ESCLUSIVA – Millesi: “Sarà dura al ‘Partenio’. Avellino mi ha adottato, Catania sogno e rammarico. Biagianti meritava un finale diverso”

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Francesco Millesi

Dopo avere sentito Maurizio Anastasi, doppio ex di Avellino-Catania, spazio alle parole di un altro catanese, Francesco Millesi, che per tanti anni ha indossato la casacca biancoverde mentre alle pendici dell’Etna ha coronato il sogno di giocare in Serie A difendendo i colori rossazzurri:

Domenica si gioca Avellino-Catania, la “tua” partita.
“Inevitabilmente il mio cuore sarà diviso a metà. L’Avellino mi ha fatto crescere, mi ha consacrato tra i professionisti e adottato facendomi sentire a casa. Sono veramente molto legato alla gente irpina ed a quella maglia. Catania è stato invece qualcosa di bellissimo per me, la realizzazione del sogno di giocare in Serie A e di farlo rappresentando la mia città. Sono veramente felice quando si affrontano le due squadre ma, allo stesso tempo, triste perchè putroppo militano in una categoria che non gli appartiene”.

Hai appena parlato del sogno Catania, eppure i motivi per rammaricarti non ti mancano…
“Ne ho parecchi. Diciamo che sono arrivato a Catania in un momento di massima maturità calcistica e quindi potevo raccogliere di più. Diverse situazioni mi hanno frenato. Poi mi sono dovuto rimettere in gioco altrove in un’età non facile. Mi sono ripreso ma potevo anche smettere perchè quando arrivi con entusiasmo in un posto e poi non vengono create le condizioni per dare il massimo fai fatica, per quanto tu dia tutto in allenamento. Non è  mai facile scendere in campo per un calciatore che trova poco spazio. Il contorno della squadra è fatto di 28 giocatori, io non ho avuto fiducia. Se stavo in campo, lo facevo a distanza di due mesi e non è facile trovare il ritmo gara così, figuriamoci in Serie A. Giocavo spezzoni di 15-20 minuti. Se non acquisti la condizione fisica è dura. Io non potevo fare miracoli nelle poche occasioni avute”.

Hai incontrato delle difficoltà, ma custodisci gelosamente il ricordo di avere vestito i colori rossazzurri.
“Sì, tengo a sottolineare questo aspetto. Da catanese speri di trovare spazio e di vedere i tifosi gioire per te, come è successo con giocatori come Mascara e Sciacca. Ad un certo punto si pensava che io fossi la pecora nera, ho vissuto una situazione non bella. Un professionista va comunque convocato, anche se non rientra nei piani. Nel frattempo si cerca una sistemazione e non va lasciato a casa come fosse un numero. Ho sofferto parecchio ma non recrimino nulla perchè qualche foto e maglia del Calcio Catania mi è rimasta, questo è enorme motivo d’orgoglio per me. Tante volte mi chiedo come sarebbe potuta essere la carriera se avessi maturato altre decisioni. Catania fu una scelta di cuore e non mi sarei mai perdonato di rifiutare il trasferimento. Sotto il profilo economico potevo fare scelte diverse ma oggi non avrei avuto il ricordo indelebile di vestire quella maglia. Nella vita bisogna credere in se stessi e non smettere di sognare, se non hai sogni sei vuoto. Io ho coronato il sogno di tutti i catanesi e ne vado fiero, sono contento. Dopo Catania dovetti rimboccarmi le maniche con una famiglia alle spalle, un bambino appena nato, una casa in costruzione. E’ stato difficile ma l’esperienza mi ha fatto crescere molto anche da questo punto di vista”.

Quanto è difficile per un catanese esplodere nella propria città?
“Succede ovunque questo discorso. Ci sono tanti casi nel calcio di giocatori che non possono giocare nella propria città. A Napoli, Insigne si è ripreso ma ha incontrato dei problemi. Anche Quagliarella. Totti, per quanto amato a Roma, ha smesso. Del Piero alla Juventus ha fatto la storia ed è andato via. Finchè riesci a remare, bene. Altrimenti vieni messo da parte. Biagianti, ad esempio, è una bandiera e catanese d’adozione ma ha subito una situazione non bella. Si fanno tante promesse e poi, a tavola apparecchiata, non vengono mantenute. Ci vuole sempre un occhio di riguardo quando si tratta di giocatori rappresentativi. Biagianti è una persona squisita, educata, un bravissimo ragazzo, sempre disponibile con tutti. Meritava un finale diverso. Adesso indossa i colori rossazzurri con la Meta Catania, ma il suo habitat è un campo a 11. Magari non tutti, al raggiungimento di una certa età, riescono a dare il massimo nei 90′ ma ci sono giocatori che dopo anni di usura assicurano comunque 60′ di livello e vanno premiati perchè vivono e lottano per i nostri colori. Biagianti ha sofferto molto ma queste cose succedono spesso nel calcio, a tutti i livelli. Ci vorrebbe più rispetto. Parlando, comunque, di giovani catanesi in questo momento c’è una società che crede in loro, li aiuta a crescere mettendoli nelle giuste condizioni. Sono felice di questo. E’ importante che il club sia una vera e propria famiglia”. 

Torniamo su Avellino-Catania, gli irpini sono fermi da due settimane ma ti aspetti ugualmente una gara tutt’altro che agevole per la squadra dell’Elefante?
“Sono due squadre abbastanza organizzate. Il Catania è partito bene, poi ha accusato un calo. L’Avellino possiede un organico che può fare benissimo, il Covid lo ha bloccato ma oggi si ritrova con 4 partite in meno rispetto alla Ternana. Sono 12 punti, ipoteticamente l’Avellino potrebbe stare molto in alto. Sarà un avversario ostico, una gara abbastanza dura per il Catania. I biancoverdi non avranno la rosa al completo, gli mancherà un pò di qualità ma chi giocherà al posto degli assenti lo farà con il coltello tra i denti. Braglia è un tecnico  che non molla mai, anche se dovesse giocare in sette uomini. Parliamo di un allenatore adatto alla piazza. Inoltre la società irpina si è ripresa alla grande ed è ambiziosa. L’ambiente è dalla loro parte. Il Catania dovrà stare attento perchè l’Avellino è abituato a soffrire e nella sofferenza riesce a dare di più. Io ne so qualcosa avendo vissuto lì per otto anni”.

Forse è ancora presto fare previsioni, ma dove collocheresti Catania e Avellino nella classifica finale?
“Secondo me Avellino, Bari, Ternana e Catania li vedremo occupare i primi posti. L’organico attuale del Catania è importante, deve stare in alto e lottare per le prime quattro posizioni. Altrimenti sarebbe un fallimento. Raffaele è un grande allenatore, bravissimo a livello tecnico, persona squisita che lavora parecchio sul campo. Ci vuole solo un pò di equilibrio e trovare l’assetto giusto. Sono sicuro che farà bene, recuperando anche gli infortunati”.  

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