Quando riaprire l’Italia e quali scenari si prospettano con il diffondersi del Coronavirus. Ne parla il virologo Fabrizio Pregliasco, ricercatore dell’Università di Milano e Presidente Anpas al Corriere di Bologna:
“È chiaro che da un punto di vista strettamente sanitario ragionare su maggio è prematuro. Bisogna essere cauti perché siamo ancora nella fase di una crescita lineare del contagio che va arginata con l’unico strumento disponibile, il prolungamento della quarantena, del distanziamento sociale. Ma è altrettanto evidente che la politica dovrà fondare le sue decisioni sul concetto di rischio accettabile anche perché a zero contagi e a rischio zero non ci arriveremo. Bisognerà vedere come arriveremo a quella data, un valore di 200, 300 contagi sarebbe una base accettabile“.
“Bisogna prepararsi a una situazione in cui ci sarà un andamento endemico, con la possibilità concreta del riemergere di nuovi focolai dalle braci. Questi vanno aggrediti subito con i tracciamenti dei contagiati, dei loro contatti, utilizzando al massimo la tecnologia, e attraverso la cura che deve iniziare in casa all’insorgere dei primi sintomi, in modo che non arrivino in ospedale mezzi cadaveri come è accaduto quando la pressione sul sistema sanitario era massima”.
“L’errore più grande che si possa commettere è ragionare solo sui numeri dei contagi, pensando di aver battuto il virus quando scenderanno drasticamente. Serve una strategia su più step affidata alle organizzazioni sui territori che tenga conto della possibilità di aperture e nuove chiusure in presenza di focolai. Con il virus dovremo convivere almeno fino a quando non ci sarà un vaccino. Sarebbe folle riaprire discoteche e locali, dobbiamo dimenticarceli. Dobbiamo puntare a un utilizzo pedagogico delle mascherine e abituarci a stare lontani, dagli altri e dalle fonti di rischio. Almeno fino al vaccino”.
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