Tranne casi piuttosto rari, l’ex attaccante del Catania Luis Oliveira, meglio noto come Lulù, da calciatore ha fatto bene ovunque sia andato. Ai microfoni di calciomercato.com ha rilasciato una lunga intervista, ne ripartiamo un breve estratto dei contenuti che riteniamo più significativi:
“A Firenze io mi dipingevo le unghie. Una verde e una no, una viola e una no, anche dei piedi. E feci moda così. Anche a Como, tutto blu, a Bologna e Catania rossoblù, ma nessuno mi disse più niente”.
“Con la promozione del Como in Serie A, rimasi un po’ infastidito perché mi dissero che avevo la pancia piena, che non avevo più stimoli e non mi confermarono. Non potevano dirmi cosa peggiore, io ho sempre cercato di fare tutto passo dopo passo, di non accontentarmi mai, da quando lasciai casa mia, a 12 anni, in giro per il mondo coi genitori lontani, a cercare canali brasiliani in tv per sentirmi meno solo e più a casa. Non mi sono mai accontentato, nella mia carriera. E quelle parole, a Como, mi fecero male. E infatti a Catania, l’anno dopo, superai i 20 gol. Perché io non mollo mai, ho sempre fame. Dentro di me sono sempre il bambino brasiliano cresciuto nelle difficoltà”.
“Perchè il soprannome ‘Falco’? E’ stata una scommessa con Sandro Cois, che giocava con me alla Fiorentina. Mi fece notare che tutti i giocatori imitavano un animale dopo un gol. Allora io mi ricordai che mio padre aveva un falchetto a casa, e siccome papà non c’era più volevo ‘portare’ qualcosa di lui con me in campo. Stavamo giocando contro il Milan, segnai e da lì partì tutto”.
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