LUCARELLI: “Non ancora arrivati gli stipendi di gennaio e febbraio. Coronavirus, sembra un film. Nel dramma, riscoperto il valore della famiglia”

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Mister Cristiano Lucarelli ospite di TMW Radio durante ‘Stadio Aperto’. Riportiamo un estratto dell’intervista rilasciata dal tecnico del Catania, incentrata su Coronavirus e nodo stipendi:

“Ci sono famiglie che stanno soffrendo per le tante vittime, quindi ribadisco che rimanere a casa è un dovere di tutti noi. È il sacrificio che ci viene richiesto. Questa situazione l’abbiamo sempre vissuta nei film o attraverso i racconti dei nonni, oggi ci siamo noi al centro. Diventa difficile credere che ci siano soltanto 70 mila contagiati, ce ne sono tanti che non hanno sintomi, magari ce l’ho anche io. Personalmente mi sento in colpa anche quando porto giù i miei tre cani: nessun italiano può tirarsi indietro in questa partita, nessuno dovrebbe fare il furbo. Siamo facilitati a Catania, abbiamo un centro sportivo bellissimo con un albergo all’interno che permetterebbe tante cose. Ora mi auguro che i giocatori stiano rispettando le disposizioni nelle rispettive abitazioni“. 

“La salute viene prima di tutto, però è anche vero che la macchina calcio si muove anche grazie agli sponsor e alle tv. C’è un carrozzone economico a supporto del movimento. Intorno a noi, che siamo una società di Serie C, vivono per esempio circa 200 famiglie che mangiano con il calcio. Gli stipendi di gennaio e febbraio ancora non ci sono arrivati e molti giocatori prendono sui mille e cinquecento euro: la C è più vicina al dilettantismo, la A è un’altra realtà. Si dovrà trovare il giusto compromesso: giusta la sospensione, ma non si può spegnere così all’improvviso. Mi viene detto che l’input è quello di finire la stagione, in qualsiasi data si ricomincerebbe e mi trovo d’accordo. Altrimenti il rischio è di paralizzare anche la prossima stagione con tutti i ricorsi che le società presenterebbero”.

“L’altro giorno mi sono messo a disposizione e ho fatto un risotto alla parmigiana: tutti mi hanno detto che era buono. In questo dramma, si è riscoperto il valore della famiglia e dei figli. Io lavorando a Catania, ci sto sempre poco: era da tempo che non mangiavo con loro a pranzo e cena”.

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