Calciatore del Catania nell’annata 1998/99 conclusa con la promozione in Serie C1, Raffaele Esposito ha intrapreso il percorso di allenatore maturando già una certa esperienza nonostante la giovane età (40 anni, ndr). Lo scorso anno ha guidato la Casertana, in coppia con Nello Di Costanzo. Lo abbiamo intervistato in ottica Catania-Casertana per conoscere le sue impressioni sulle due squadre, rivivendo le esperienze vissute nelle rispettive piazze:
Mister, a Catania la ricordano ancora con affetto per l’esperienza vissuta da calciatore. Quanto fu importante per lei indossare la casacca rossazzurra?
“Di Catania ho un ricordo che resterà per sempre nel mio cuore. Ero giovanissimo, al primo torneo da professionista. Inizio col botto perchè poi vincemmo il campionato, io fui uno dei protagonisti. Quindi non posso non avere un grandissimo ricordo dei tifosi e della città. Dopo circa vent’anni, da tecnico della Casertana, ho di nuovo calpestato quel campo che mi ha fatto vivere tante emozioni, infatti fu una bellissima esperienza la scorsa stagione. Risultato non dei migliori (3-0, ndr) ma è stata un’emozione indescrivibile per me tornare al vecchio Cibali”.
Catania che milita ancora in Serie C, campionato che si conferma estremamente difficile. Soprattutto quest’anno.
“Come ho sempre detto, il campionato di C è difficilissimo per qualsiasi squadra. Il girone C è infernale con tante squadre attrezzate per vincere. Poi si sa, ci sono campi caldi come Catania, Reggio Calabria e Bari. Piazze veramente calde dove è difficile fare risultato per chiunque. Ai nastri di partenza tutti dicono di volere vincere, ma vincere è sempre difficile. Catania è l’esempio per eccellenza, visto che sono anni che prova a vincere ma non riesce nell’intento”.
Difficoltà che si sommano fuori casa, a maggior ragione al cospetto delle cosiddette piccole…
“Sì perchè ti aspettano, quando vedono la maglia del Catania fanno la partita della vita. Un pò come accadde a me sulla panchina della Casertana lo scorso anno. Avevo in rosa giocatori come Floro Flores, Castaldo e D’Angelo che venivano da campionati importanti, tutti gli avversari davano la vita contro di noi per dimostrare di non essere inferiori. Se non ti cali subito in una realtà dove ti aspettano con il coltello tra i denti, non è facile andare a vincere su questi campi. Devi avere in organico giocatori abituati a vincere la categoria. Quest’anno, ad esempio, la Reggina possiede calciatori importanti che hanno sempre fatto la C e sanno come si affrontano certi tipi di partite. Poi sono guidati da un allenatore esperto della categoria. Squadra calabrese costruita con intelligenza e qualche elemento di categoria superiore. Quando ne hai 7-8 che hanno fatto la A e B, ci vogliono fame e stimoli giusti”.
Durante la sua gestione, la Casertana faceva sempre i conti con numerosi infortuni. Un pò come il Catania di quest’anno…
“Stessa situazione. Non è semplice la gestione in questi casi perchè già dal martedì il calciatore sa chi gioca, consapevole che il compagno non sta bene. Diventa complicato, allora, tenere tutti sul pezzo non avendo alternative. Per cui gli allenamenti non hanno la giusta intensità. Bisogna solo stringersi attorno a questa squadra e capire il momento difficile che stanno vivendo, cercando quantomeno di arrivare ai Play Off”.
Agli infortuni, in casa Catania, si aggiungono i problemi societari che complicano le cose.
“Mi sembra di rivivere la stessa situazione. Anche noi, a Caserta, non avevamo problemi per quanto riguarda la percezione degli stipendi, però c’era sempre una discussione in atto col sindaco. Una volta giocammo a porte chiuse il derby con la Juve Stabia, la squadra fu messa in autogestione. Diventa complicato perchè il giocatore non è attento alla partita. Non bisogna dimenticare che i calciatori sono esseri umani e non macchine progettate per vincere la domenica. Tutto quello che succede durante la settimana viene assorbito e ricade sui giocatori. Se non sono sereni, purtroppo, lo riportano in campo. L’allenatore deve cercare di estraniare la squadra da tutte queste situazioni”.
A proposito di allenatore, è favorevole al ritorno di Lucarelli sulla panchina del Catania?
“Io cerco sempre di non dare giudizi sugli allenatori perchè ogni tecnico ha il suo credo calcistico che va rispettato. Lucarelli dà carisma ed è un trascinatore. Le sue squadre sono sempre molto dinamiche, non mollano mai. Lui riesce a trasferire il suo carisma. Camplone, invece, cercava di arrivare al risultato attraverso il gioco. Si cerca di dare una scossa in questi casi, ormai cambiare guida tecnica è una moda. L’allenatore è un uomo solo. Non puoi cambiare 10-15 giocatori se le cose non vanno e, allora, te la prendi con l’allenatore. Ogni tecnico va avanti sapendo che tutte le domenica si gioca il posto di lavoro, la realtà è questa purtroppo. Anche se non dovrebbe essere così. Comunque penso che in questo momento Lucarelli possa essere l’uomo giusto per risollevare il Catania”.
Quanto sarà insidioso, per il Catania, affrontare la Casertana domenica?
“La Casertana sta facendo tanti punti in casa, mentre fuori il cammino non è dei migliori però è una formazione molto grintosa, di categoria. I big rimasti in squadra si sono calati nella realtà difficile della Serie C e stanno facendo bene. La Casertana non ha gli stessi problemi dello scorso anno, avendo risolto un pò di situazioni all’interno. Non riesce a trovare continuità in trasferta ma, giocare senza pubblico, può essere un’arma a favore della Casertana domenica”.
A proposito delle porte chiuse. Quanto è mortificante giocare senza pubblico?
“Diventa tutto surreale. L’anno scorso giocammo il derby con la Juve Stabia. E’ brutto, non semplice trovare la giusta concentrazione perchè sembra di giocare un’amichevole. E’ una sconfitta per tutto il sistema calcio. Purtroppo la realtà è questa e bisogna accettarla. Mi aspetto comunque un grande Catania perchè deve dare una risposta ai tifosi, al di là delle mille polemiche il Catania deve fare il Catania. Ha giocatori importanti in rosa, mi aspetto una grande prestazione sul piano dell’atteggiamento. Poi il risultato è figlio degli episodi. Ma giocare a porte chiuse può essere un’arma a doppio taglio. Da un lato la squadra potrebbe sentirsi alleggerita dalle pressioni del momento, ma è difficile anche per la Casertana trovare la giusta concentrazione perchè tutti sono abituati a giocare in presenza di pubblico”.
Come valuta sua esperienza sulla panchina della Casertana?
“Mi ha fatto crescere tanto a livello umano ma soprattutto tecnico-tattico. Allenare una squadra così importante non è semplice. Io sono dell’opinione che, a qualsiasi età, c’è sempre da migliorare. Mica mi sentivo il saputello della situazione. Ogni anno imparo da chiunque, anche se seguo una partita di Eccellenza e Promozione magari riesco a rubare qualche idea. Lo scorso anno assicurai umiltà, affiancato da un allenatore esperto come Di Costanzo. Abbiamo fatto bene perchè io la squadra l’ho sempre tenuta in zona Play Off nonostante avessimo sempre i giocatori contati. C’erano partite con classe 2001 in campo. Non ho mai avuto 18 giocatori a disposizione, la squadra presentava sempre tanti infortuni e qualche squalifica. Alcune partite le ho finite senza effettuare sostituzioni, ma sono riuscito a stazionare tra il quinto e settimo posto. A cinque giornate dalla fine fui esonerato per un pareggio a Pagani contro la Paganese che, in quel periodo, stava facendo bene. Decisione secondo me assurda, non si guardò in faccia alla realtà. I problemi c’erano. Gente che non aveva preparazione veniva buttata subito nella mischia. Con i campi pesanti ed il cambio di stagione, chiaramente, gli infortuni sono inevitabili in questi casi. Ogni giorno andavamo ad allenarci su un sintetico a 30 km da Caserta, poi si giocava tutte le domeniche su campi in erba naturale. Tutto questo è ricaduto sulla squadra, ma io non posso rimproverarmi nulla. Prendiamo il meglio di quanto succede e andiamo avanti, si cresce sempre”.
Cosa dice il presente di Raffaele Esposito?
“Ho maturato una scelta che non so in quanti avrebbero fatto al mio posto. Purtroppo non sono riuscito ad entrare al corso di Coverciano, attualmente posso allenare solo nei dilettanti. Sono giovane ma con esperienza per l’età che ho. Al Pomigliano c’è un progetto importante e credo sia l’unica società, in Campania, ad avere un centro sportivo di proprietà con tre campi. In più, a fine dicembre, lo stadio nuovo sarà pronto per il campionato e con il campo in sintetico. Ho guardato alla progettualità, il Presidente mi ha dato carta bianca ed è stato convincente. Quest’anno ho preso la squadra in Eccellenza non posizionata bene in classifica, cercheremo di metterla a posto a dicembre con il mercato, provando a realizzare il miracolo di centrare i Play Off. Se non ci riusciamo, riproveremo l’anno prossimo allestendo una squadra forte per vincere il campionato. C’è progettualità, qui il progetto lo tasti con mano e non a chiacchiere come spesso accade altrove. Mi sono sentito di unirmi a questa famiglia”.
Si ringraziano mister Raffaele Esposito e l’addetto stampa del Pomigliano Calcio, Paola Mauro, per la gentile concessione dell’intervista.
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