Attualmente allena il Tavagnacco nella Serie A femminile. Luca Lugnan, però, non dimentica i suoi trascorsi da calciatore etneo. A distanza di mesi da quando disse di avere la concreta ambizione di allenare il Catania – che tuttora non gli manca – l’ex attaccante rossazzurro torna a concedere un’intervista esclusiva ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com. Spaziando dal calcio femminile alle difficoltà incontrate dal Catania in campionato.
Luca, partiamo dalla tua prima esperienza nel calcio femminile. Come procede?
“Bella esperienza. L’obiettivo è riuscire a mantenere la categoria, siamo in una zona pericolosa di classifica da cui speriamo di uscire al più presto. Ci giochiamo la salvezza in Serie A con altre 4-5 formazioni. Per il resto i top club fanno un campionato a parte e qualche squadra si gioca il centro della classifica. E’ un campionato strano, si ferma spesso. Addirittura anche due volte al mese, poi le straniere vanno via con le loro Nazionali, ci sono 12 formazioni partecipanti e ad aprile è già finito tutto con un lungo mese di sosta fra dicembre e gennaio. Situazione non semplice da gestire. E’ un’esperienza significativa che mi fa anche curriculum. Ho scoperto un mondo nuovo, in piena evoluzione ed espansione. Si stanno avvicinando allenatori di un certo tipo alle squadre di A come Ganz e Piovani. In prospettiva c’è lavoro anche per i procuratori. Ho scoperto ragazze che hanno una cultura importante sul piano degli spostamenti perchè vanno a giocare ovunque. Non c’è grandissima qualità di base, sono poche le giocatrici forti e le più importanti ce li hanno i top club. Questo perchè le donne sono sempre state trascurate. La cultura del calcio femminile, soprattutto in Italia, sta prendendo piede adesso dopo i Mondiali e, in prospettiva, sicuramente migliorerà. C’è da fare crescere questo movimento che avrà una buona visibilità. Anche tanti allenatori bravi possono affacciarsi a questa nuova realtà”.
Valuti un ritorno nel calcio maschile in futuro?
“In Friuli il calcio dilettantistico che va per la maggiore è quello della categoria Eccellenza. Non mi andava di tornare ad allenare in Eccellenza, allenandomi la sera come feci per 6-7 anni. Di fronte all’opportunità della Serie A femminile, sostenendo gli allenamenti anche nel pomeriggio, ho voluto prendere questa strada. Se il prossimo anno ci saranno situazioni importanti anche a livello maschile, sicuramente le valuterò”.
Passiamo al Catania. Sono trascorsi diversi anni, cambiano giocatori ed allenatori ma la squadra milita ancora in C. Che idea ti sei fatto?
“Non cambia solo chi comanda. Sono sempre gli stessi, hanno questa mentalità e idea che portano avanti e quindi ce ne faremo una ragione. Mi dispiace perchè c’è gente che capisce bene quale sia l’ambizione della città, come la vive il tifoso catanese, conosce le dinamiche di un gruppo, di uno spogliatoio e di un campionato infernale come la Lega Pro. C’è gente che allenerebbe con il cuore in mano, avendo anche l’ambizione di riportare il Catania nelle categorie che contano. Ci vuole un’opportunità che prima o poi qualcuno dovrebbe anche dare. Se no pazienza, continueremo a fare i tifosi perchè la squadra la amiamo e ce l’abbiamo nel cuore, faremo sempre il tifo per il Catania. Io, se potessi allenare il Catania, farei immediatamente la valigia e prenderei l’aereo perchè è una piazza che non si può rifiutare mai. L’ambizione di allenare il Catania ce l’ho sempre”.
Il momento è delicato, quale potrebbe essere la medicina migliore per superarlo?
“Ci vorrebbe una striscia positiva per tranquillizzare squadra e ambiente. Se poi si criticano i singoli e si fa a scaricabarile… lì si vede la forza del gruppo. La piazza deve sostenere anche in un momento negativo. Questo aiuterebbe molto. Capisco che il tifoso del Catania diventa una bestia quando le cose vanno male. Ma se si rende conto che i singoli sono uomini e c’è la voglia concreta di superare una situazione difficile, allora farebbe bene a sostenere. Chiaramente se il tifoso capisce, invece, che ci sono dei paraculi e mercenari allora partono gli schiaffi. E’ un campionato lungo e difficile, diventa importante restare aggrappati al gruppo di testa. Poi ci vuole anche la gamba e la pazienza per arrivare in zona Play Off e giocarsela fino in fondo. Fondamentale, inoltre, avere le spalle larghe perchè vivere il Catania non è da tutti. La personalità ed il carattere sono caratteristiche importanti per indossare quella maglia e reggere l’urto di una città intera che spinge. Quando il tifoso contesta e si assenta dallo stadio, i giocatori devono riuscire a sostenere questa pressione. Catania è una piazza particolare come Palermo. Anch’io al primo anno di Catania disputai un campionato anonimo, passammo le pene dell’inferno perchè qualche giocatore sentiva troppo la pressione. La differenza la fanno gli uomini più che il calciatore. Devi prendere anche gente mentalmente strutturata per sopportare tutto questo”.
Negli ultimi anni Lodi è al centro di numerose riflessioni. Ci si chiede se renda più da mezzala, play o trequartista. Più in generale se possieda le caratteristiche per giostrare nel centrocampo del Catania. Tu ti priveresti mai di un elemento come lui?
“Non so se in questo momento è un valore aggiunto o un peso per la squadra perchè, dall’esterno, non ho idea di come stia mentalmente o fisicamente. Però con l’esperienza che ha e le qualità di cui dispone, gli creerei una intelaiatura di squadra che lo supporti a dovere. Credo che non abbia la gamba per fare la mezzala, lo dovresti liberare nella trequarti di campo o farlo agire da play nel centrocampo a tre. Oppure lo metti punta esterna, a destra che rientra dentro e non gli fai fare una grossa fase difensiva. Se è bravo in fase di rifinitura e può liberare i compagni in zona tiro, anche dietro la punta può fare bene. Va sorretto in una intelaiatura che possa permettergli di sfruttare le sue qualità in fase offensiva, o di impostazione davanti la difesa ma con due forti mezzali. Ha il piede per impostare, la giusta personalità nella gestione della palla. Esistono anche le rotazioni di centrocampo se Lodi viene marcato da un trequartista avversario. Poi ci vuole la buona volontà di capire lo sviluppo del gioco richiesto dall’allenatore”.
Sei favorevole al passaggio dal 4-3-3 di Camplone al 3-5-2 di Lucarelli?
“Bisogna trovare un equilibrio tattico. Io non amo tantissimo il 3-5-2. Poi sei il Catania e devi cercare di imporre un atteggiamento e una mentalità che non vai a comprare ma è l’allenatore che deve trasmettere. Posso capire che in questo momento si presentino difficoltà fisiche o tecniche, ma va trasmessa una mentalità di un certo tipo. Bisogna dare autostima ai giocatori e metterli nelle condizioni di giocare in posizioni di campo dove possano agire al meglio delle loro possibilità. Senza speculare una classifica che piange. Basta vincere qualche partita consecutiva per tornare in auge”.
Il match di Catanzaro può essere determinante per svoltare?
“Catanzaro è una piazza non facile, altrettanto importante. Giocando lì il fattore campo conta abbastanza. Avendo vinto domenica scorsa, ti presenti con una settimana di lavoro un pò più serena ma a Catanzaro il Catania troverà l’inferno. La gente ti sostiene e vuole vincere le partite in quello stadio. Un pareggio andrebbe anche bene per dare continuità agli ultimi risultati, ma devi andare lì per giocartela. Se vai per il punto, rischi di non portarla a casa. Servirebbe a mio avviso un Catania coraggioso, molto attento e accorto ma con l’idea di giocarsela. Queste sono le classiche partite da tripla, il pari potrebbe accontentare ma solo se esci dal campo dopo una battaglia. Senza paura di affrontare una partita del genere. Se solo minimamente pensi di poterla perdere, questa cosa la trasmetti ai giocatori ed è finita. Devi avere un pò di spocchia e trasmetterla. Ci vuole coraggio nella vita, se no i risultati non arrivano. Siamo il Catania e non dobbiamo avere paura di niente e nessuno. L’atteggiamento e mentalità della squadra dovrà essere simile a quella del ‘Cholo’ Simeone, per intenderci”.
Facciamo un passo indietro. Che effetto ti ha fatto venire a conoscenza del 5-0 di Vibo Valentia?
“Personalmente sarei disposto a portare i giocatori del Catania fuori in braccio a fine partita, ma in campo si mangia l’erba. Non m’interessa se stiamo male, abbiamo problemi o il pubblico ci contesta. Si butta il cuore oltre l’ostacolo sempre e comunque, perchè alla fine il lavoro paga. I giocatori devono saperlo ed assumersi le loro responsabilità, l’allenatore per primo visto che è lui che comanda. A Vibo si sono arresi tutti”.
Discorsi chiusi, ormai, per il primo posto nel girone C?
“Anche Reggio è una piazza importante dove il pubblico ti trascina. E’ sempre un’arma a doppio taglio avere questo tipo di tifoseria alle spalle. Da una parte ti trascina e porta a vincere, ma se sei debole mentalmente ti ammazza. La Reggina avrà i suoi momenti di calo. Nell’arco di un campionato i momenti difficili ci sono e bisogna superarli tutti insieme. Ma se ha costruito questa corazza di entusiasmo è difficile scalfirla”.
A gennaio come ti muoveresti?
“Si fa una squadra di guerrieri, in sinergia con l’allenatore che, magari, farebbe bene a portare qualche giocatore di sua conoscenza. Poi chi non se la sente di giocare a Catania è giusto che vada. Se vuoi fare risultati, non puoi supportare gente non all’altezza. Interverrei sul mercato nelle zone nevralgiche del campo, analizzando bene i problemi tecnico-tattici emersi, prendendo giocatori che facciano la differenza e non per fare numero. Trovi anche in C giocatori forti, motivati e con fame. Caratteristiche indispensabili”.
Si ringrazia Luca Lugnan per la gentile concessione dell’intervista.
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