Ai microfoni di TuttoCalcioCatania.com – in collaborazione con “Universo RossoAzzurro” (Radio Studio Italia) – è intervenuto in esclusiva l’ex centrocampista del Catania Andrea Bussi, attuale allenatore del Pomezia Calcio (Serie D). Inevitabile un tuffo nel passato alle pendici dell’Etna, con un occhio rivolto al presente:
Andrea, non posso non chiederti innanzitutto un ricordo di Catania…
“Io ho vissuto degli anni bellissimi con club, città e tifoseria. Ho avuto la fortuna di giocare in un grande Catania, con il Presidente Gaucci che investì molto. Riuscimmo a raggiungere la promozione B. Ricordo magnifico. Catania è stato il punto più alto della mia carriera. Quando una città intera vive di calcio e i tifosi ti mettono al centro di ogni cosa, diventa inevitabile che l’esperienza sia immensa. Chiaramente la promozione nel torneo cadetto rappresenta il ricordo più importante dopo tanti sacrifici, averla centrata in un campo così difficile come Taranto fu un valore aggiunto. Sono ricordi talmente belli e nitidi ancora oggi, nonostante siano passati tanti anni, che ogni volta che ci penso mi viene la pelle d’oca. Ricordo nelle gare importanti lo stadio pieno già prima che entrassimo in campo”.
Che effetto ti fa vedere oggi il Catania così in basso?
“Tornando al mio Catania, noi avevamo una grande squadra. Forte a livello tecnico, tattico ma soprattutto fatta di giocatori forti sul piano umorale. Io mi ero abituato a vedere giocare il Catania in A e questo mi dava gioia, essendo una città e club che mi hanno dato tanto. Ovviamente la fase attuale è molto difficile, purtroppo il Catania non sta facendo bene ma penso che tutti gli addetti ai lavori, tifosi e mister, debbano unirsi e cercare di risalire perchè il torneo è ancora lungo. Noi abbiamo vinto i Play Off, è bene ricordarlo. L’unica strada da percorrere è l’unione. Capisco l’amarezza dei tifosi, a me piacerebbe anche vedere il Catania in A, purtroppo però la realtà è diversa. Bisogna stringersi intorno al tecnico ed ai giocatori, come il pubblico rossazzurro sa fare. Trovando l’alchimia giusta”.
A proposito di Play Off, ti piace la formula attuale?
“Io non sono molto favorevole. Per me i Play off erano ben accetti quando si giocavano fino alla quinta della classe. E’ chiaro che, come sono strutturati adesso, sono un’agonia ma le nuove regole vanno accettate e bisogna cercare il più possibile di rientrare da protagonisti in questa tiritera. Bastano poche vittorie consecutive per rilanciarti e cambiare la stagione. Nulla è perduto, io non ho mai mollato e non posso non lanciare questo messaggio al Calcio Catania. Ancora si può lottare”.
Anche il discorso primo posto non è definitivamente compromesso?
“Ripeto, si può lottare. La squadra è molto forte, Lucarelli persona molto competente che ha già fatto bene sulla panchina rossazzurra. Ci sono giocatori di primissimo livello. Io non parlo di primo, secondo o terzo posto. Ma si può lottare. E’ ancora possibile ricucire una grande stagione. Non bisogna mollare, cercando di fare il meglio possibile per una tifoseria che merita tanto. I giocatori stanno dando il massimo, non si può pensare il contrario. A volte una partita può dare una svolta. Ecco, Pagani è un campo molto difficile che ti darebbe grande consapevolezza in caso di vittoria”.
Cosa cambia con il ritorno di Lucarelli?
“Adesso sembra che il mister stia dando un’impronta forte nel non subire gol, i passi successivi saranno proiettati verso l’attacco. Camplone e Lucarelli sono entrambi preparatissimi, purtroppo a Camplone non è andata bene ed è successo anche a tecnici importantissimi come Spalletti. A volte paga l’allenatore per alcune complicazioni collettive. La scelta di Lucarelli è stata importante perchè si tratta di un lottatore per natura. Penso sia la persona giusta per questo Catania ed è un grande motivatore. E’ ripartito dal 3-5-2. I moduli, comunque, lasciano il tempo che trovano. Danno un’impronta, però un 3-5-2 può manifestare trame molto offensive se gestito in un certo modo. Dà l’opportunità di essere ben coperti ma anche tante soluzioni offensive, a seconda dell’interpretazione. In questo momento si sta preferendo dare maggiore copertura e ci può stare perchè, magari, Lucarelli vuole prima capire e conoscere bene i giocatori a disposizione. Successivamente si potrà proporre altro”.
Sarebbe stato utile, probabilmente, ripartire da Lucarelli già lo scorso anno?
“Sono dinamiche societarie in cui è difficile entrare dentro. A primo impatto posso dire che forse la società avrebbe dovuto puntare su Lucarelli, ma non posso neanche affermare che le scelte siano state sbagliate. Evidentemente in quel momento il Catania ha vissuto emozioni diverse, mettiamola così. Non ho la presunzione di dire che è stato un errore, ma Lucarelli non ha lasciato un ricordo negativo. Basta rivangare il passato, bisogna guardare all’oggi. Il Catania è diventato più equilibrato, senza nulla togliere a Camplone perchè le difficoltà sono all’ordine del giorno nel calcio. Lasciamoci tutto alle spalle e ripartiamo insieme per un Catania che, spero, ci faccia sognare. Questo è il messaggio che vorrei trasmettere da questa intervista”.
Come valuti lo spostamento di Biagianti arretrato in difesa?
“Questa è un’indicazione forte di Lucarelli. Vuole avviare l’azione dal basso piazzando un centrocampista di qualità per fare in modo di giocare bene la palla da dietro. Biagianti è il capitano. Ha tecnica, concetto tattico, personalità. Credo che possa dare la serenità giusta al reparto difensivo ed a tutta la squadra. Non dimentichiamo che serve anche lucidità nel giocare a calcio e, Catania, ti richiede in primis la personalità. Caratteristiche che non mancano a Biagianti”.
In questo senso non si può prescindere dall’unione di un gruppo compatto e coeso.
“Ai miei tempi, spesso andavamo a cena con la squadra. Eravamo tosti in campo, non tanto per i valori tecnici – che comunque non mancavano di certo – ma soprattutto nei momenti difficili ci stringevamo. Compensavamo in campo a tante cose con la forza del gruppo. Una volta mancava Cicconi ma c’ero io. Mancavo io ma c’era Baronchelli. Mancava Baronchelli e c’era Zeoli. Insieme sopperivamo a tante difficoltà. Potrei citare molti altri giocatori, ad esempio Pane. La nostra forza era sicuramente il collettivo”.
Con chi hai legato di più in quel gruppo granitico?
“Capitan Baronchelli, persona straordinaria. Ci vediamo ogni tanto. Poi ho un rapporto bellissimo con Zeoli, Pane, Cordone, Ambrosi che c’era l’anno prima. Mi sento con Iezzo… un pò tutti siamo rimasti in contatto. Farei un torto non citando qualcuno, ma Baronchelli per me è stata una persona importante. Mi sono portato nel bagaglio della mia carriera i loro preziosi consigli”.
Catania, per certi versi, ha rappresentato anche un’esperienza formativa per te?
“Quando sono andato via da Catania potevo giocare anche nel Boca Juniors. Catania è una piazza talmente calda… non è formativa, ma il lasciapassare per giocare in tutte le squadre del mondo. Lanciamo un messaggio forte, dai (ride ndr). Ho visto calciatori molto più bravi di me tecnicamente ma, poi, alla fine quando contava davvero sceglievano il sottoscritto. Fatemela passare questa. Per dirti che a Catania serve in special modo personalità, non avere paura e osare, lottare in mezzo al campo. Sono queste le parole chiave. Il giocatore del Catania deve incarnare queste caratteristiche, fermo restando che i valori tecnici e tattici sono importanti. Tutti i campionati richiedono grande intensità e motivazione da parte dei calciatori. Il mister la può stimolare, ma sono situazioni che devono nascere dal cuore, devi averle dentro. Se hai dentro la voglia vera di vincere, vinci. Senza frasi fatte. Ci vuole il cuore per giocare a calcio. A tutti i livelli”.
Molti addetti ai lavori sostengono che le squadre andrebbero costruite per categoria, sei d’accordo?
“Non sempre è così. Ad esempio io ero un calciatore da C, ma avevo Baronchelli, Pane e Cicconi che erano da B e sono scesi di categoria. Dipende sempre con quale umiltà affronti la Serie C. Se approcci alla categoria con la giusta cattiveria e non snobbandola. Se ti senti più bravo e ti approcci in maniera morbida alla categoria, sei calcisticamente morto”.
Si ringrazia Andrea Bussi per la gentile concessione dell’intervista.
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