ESCLUSIVA – Marco Piga: “Catania, devi ridurre il numero di sconfitte. Solo con un gruppo di uomini vinci. Reggio gara non determinante, ma…”

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Stagione 1979/80. C’era anche Marco Piga nel Catania che vinse la Serie C1. Fondamentale nell’economia del campionato il successo di Reggio Calabria che portò proprio la firma di Piga. L’attaccante, che ha militato anche tra le fila della Reggina, è intervenuto ai nostri microfoni per commentare – tra i vari argomenti – la situazione in casa rossazzurra e le ambizioni del Catania.

Reggina e Catania candidate a grandi protagoniste della scena quest’anno?
“E’ presto per dire se entrambe le squadre saranno protagoniste. Sono partite discretamente e potranno dire la loro. Quella di domenica non sarà una gara determinante ma fare bene è sempre importante perchè acquisisci autostima, si creano i presupposti per rimanere in un certo contesto di classifica. Vincere uno scontro diretto darebbe slancio e quella porzione di fiducia che vuol dire molto. Le vittorie aiutano”.

Catania un pò discontinuo in questo avvio di stagione. Non credi?
“Le premesse dicono che dovrebbe lottare per il salto di categoria. Chiaramente deve trovare continuità nei risultati. Ha già perso due volte, sono un pò troppe. Siamo all’inizio, ma se hai ambizioni d’alta classifica devi ridurre al minimo il numero di sconfitte. Le squadre che solitamente salgono di categoria, più di 5 gare non perdono nell’arco di una stagione. Poi c’è molto equilibrio in questo campionato, con 5-6 formazioni allestite per vincere. Le più determinate e che hanno un passo più continuo sono quelle che reggeranno fino alla fine. Importantissimo lasciare poco o niente alle cosiddette piccole e non perdere gli scontri diretti”.

Quali sono le caratteristiche principali per vincere un campionato di C?
“Di solito nel calcio chi ha la migliore difesa fa la differenza. E’ bene che il Catania abbia un occhio di riguardo sul discorso difensivo. Subendo tante reti difficilmente riesci a vincere il campionato. Inoltre è fondamentale avere un gruppo di uomini. A Catania vinsi proprio perchè, dal punto di vista tecnico, la squadra era inferiore ad altre ma nello spogliatoio c’erano uomini. Devi compattare società, giocatori, allenatore e pubblico. Puoi avere una squadra fortissima tecnicamente ma, se fragile sotto il profilo caratteriale, non vinci”.

Tifosi in contestazione, come si riconquista il pubblico di Catania?
“Basterebbero i risultati. Catania è facile da conquistare. Se dai tutto in campo e fai risultati ritrovi subito entusiasmo. C’è la voglia di salire di categoria dopo diversi anni di Lega Pro, è normale. Dipende dalla squadra, dall’allenatore e dalla società riuscire a fare in modo che i tifosi passino dalla loro parte”.

Mister Camplone attribuisce molta importanza al calcio-spettacolo. Sei d’accordo con lui?
“Nel calcio ha sempre ragione chi vince. Conta il risultato. Guarda l’Inter di Conte. Lo spettacolo è importante però nel calcio se si vuole vincere bisogna fare risultato, lo spettacolo è fine a se stesso. Poi la C è sempre un campionato tosto, ma mai quando lo era ai nostri tempi. Andavi in certi campi in cui era impossibile giocare e ti picchiavano ancor prima che arrivasse la palla”. 

Ricordi e aneddoti della tua esperienza vissuta ai piedi dell’Etna…
“Ho tanti ricordi indelebili di Catania, uno dei miei migliori percorsi calcistici. Catania ce l’ho nel cuore. Lì ho il padrino di mia figlia, mia moglie si è trovata benissimo e sarebbe un posto dove andrei a vivere dopo casa mia, la Sardegna. E’ una città bellissima ed ho un rapporto meraviglioso con la gente. Come aneddoti posso raccontare quando il Presidente Massimino, all’Hilton di Milano, mangiando e gustando del salmone disse al cameriere di volere “un altro pò di questo prosciutto che è buono assai”. Oppure quando mi diceva che io fossi troppo esoso in tema di contratti e premi. C’era un rapporto molto diretto e genuino con lui. E’ stata una figura importante per il Catania. Un presidente che ha fatto un pò la storia. Figura indimenticabile per come si poneva, persona eccezionale”.   

Catania e Avellino sono forse le piazze a cui sei rimasto più legato?
“Sono state due tappe fondamentali che ricordo con particolare affetto, ma devo dire che ovunque io ho lasciato bei ricordi e sono stato bene. Cito anche Lucca e Reggio Calabria, ma Catania e Avellino sono nel cuore per il bellissimo rapporto instaurato con la gente che va al di là di ogni cosa”.

Hai qualche rammarico per la tua carriera?
“La frattura di tibia e perone a Livorno mi costrinse ad un anno e mezzo d’inattività. Ho avuto dei problemi a riprendermi, stava subentrando lo svincolo ed io ho perso l’opportunità di guadagnare dei bei soldini. Ho vissuto in un periodo in cui i valori umani e di gruppo erano importanti, ma dall’altra parte ho il rammarico che avrei voluto vedere cosa sarei riuscito a fare nel calcio di oggi con un gioco a zona. Sulla base delle mie caratteristiche avrei potuto esprimermi con risultati migliori nel calcio attuale rispetto ad allora che avevo sempre l’uomo attaccato e mi facevano falli in continuazione. Prima c’era più agonismo e determinazione, adesso maggiore elasticità, ti fanno giocare di più anche se i ritmi sono aumentati”. 

Si ringrazia Marco Piga per la gentile concessione dell’intervista.

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