ESCLUSIVA – Criniti: “Chi viene a Catania deve solo vincere. Serve un gruppo forte. Ai rossazzurri manca sempre qualcosa…”

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Andato a segno nel 2001 siglando una pregevole doppietta contro la Viterbese, in vista del confronto di domenica pomeriggio contro il Catania, abbiamo contattato l’ex rossazzurro Antonio Criniti, come sempre molto disponibile ai nostri microfoni e con tanta voglia d’insegnare calcio dopo i brillanti risultati ottenuti da calciatore.

Antonio, che ricordi conservi di quella gara contro la Viterbese?
“Era una partita determinante per la qualificazione ai Play Off. Feci una doppietta. Quando approdai a Catania, nel mercato invernale, ero già carico di responsabilità e non mi aspettavo d’indossare subito la fascia da capitano. Catania è il massimo come giocatore, ti riempie a livello professionale. Ho fatto una scelta al di là del cuore che mi legava a mister Guerini, ma soprattutto per la città e la piazza. Non potevo non dare il mio contributo. Poi è andata com’è andata. Ma abbiamo comunque fatto una rincorsa importante. Avevo cinque anni di contratto a Pesaro, dove pensavo di smettere e fare il dirigente. Ma alla chiamata di Guerini, dei Gaucci e del Catania Calcio non potevo di no. Fisicamente stavo molto bene, non ho esitato un attimo. Il trasferimento fu immediato e mi ha portato a conoscere una parte di Sicilia che mi ha amato e coccolato facendomi sentire un calciatore vero”.

Differenze tra Palermo e Catania?
“Piazza molto importante anche Palermo. Venivo da tre anni di successi quando approdai in rosanero, non volevo scendere di categoria ma Cellino purtroppo decise di darmi in prestito per un discorso tattico. Non avevo scelta, le società avevano già raggiunto l’accordo. Andai a Palermo ma non fu una scelta di pancia, ecco. Non lo dico per denigrare Palermo, ci mancherebbe, ma le cose vanno fatte col cuore. A Catania scelsi con testa e cuore. Se avessi avuto la stessa maturità di Catania, sarei andato a Palermo con un altro atteggiamento. Ecco perchè non mi sono trovato bene in rosanero”.

Il pubblico rossazzurro ha imparato ad apprezzarti come uomo e professionista…
“Un calciatore deve essere anche un uomo per bene, che si fa rispettare, dà l’anima, il cuore, dà retta alla gente e non se la tira. Soprattutto nelle categorie inferiori riscontro tutt’altro. E non va bene se vuoi avere empatia con la gente. Io avevo bisogno del coro personale dei tifosi e del loro sostegno. Mi esaltavo. E’ un pò svanita negli anni quell’entusiasmo che avevamo noi a quei tempi. Ho l’impressione che la gente vada a Catania non consapevole che qui bisogna solo vincere. Noi invece avevamo questa consapevolezza, sapevamo di dovere dare l’anima. Adesso non riscontro quella voglia dei giocatori di fare venire giù la curva. Ma non succede solo a Catania questo. Non ci sono più i leader. A tutti i livelli, non solo nel calcio”. 

Dopo un ottimo avvio di campionato, tonfo del Catania a Potenza. C’è da preoccuparsi?
“Siamo ancora agli inizi, quindi direi di no. Poi bisogna vedere come maturano le sconfitte. Se lo fai con poco agonismo in campo, i tifosi hanno anche ragione a lamentarsi. Io non posso vedere Catania-Picerno. Catania ha bisogno quantomeno della dimensione Serie B. Lo Monaco deve fare un grande lavoro, quest’anno bisogna vincere e servono giocatori da Catania. Alcuni calciatori forse fanno fatica a calarsi nella realtà etnea, essendo una piazza molto esigente. Chi viene a Catania deve sapere che qui fa la Champions League, non la C. Conta il campo, non le chiacchiere. Sento dire che la squadra ha perso a Potenza anche perchè non abituata a giocare su un sintetico… vabbè dai, parliamo di calcio che è meglio (ride, ndr). Questi sono alibi inutili”.

Camplone è l’allenatore giusto per abbandonare questa Serie C da incubo?
“Andrea non lo conosco personalmente ma ci ho giocato contro. Persona molto seria e preparata. Chi l’ha avuto mi parla molto bene. Il discorso non è Camplone. Io ho sempre detto che l’allenatore conta fino ad un certo punto. Se tu hai asini, cavalli non possono diventare. Il tecnico deve essere bravo ad aggregare bene lo spogliatoio perchè il gruppo fa la differenza. Noi con Guerini calammo tutti la maschera vestendoci di rossazzurro, titolari e non. Camplone secondo me ha le capacità di formare un grande gruppo ed il giocatore che indossa quella maglia deve rendersi conto che queste piazze possono lanciarti verso il calcio che conta e formarti in un contesto da calciatore vero”.

Cosa è mancato in questi anni al Catania per fare il tanto atteso salto?
“Lo Monaco, per me persona molto preparata, deve incominciare a pensare soprattutto ai giovani che hanno qualità e si mangiano l’erba. Il Catania ce li ha, sono risorse proprie. Con il giusto connubio di esperti e giovani del tuo vivaio puoi programmare. Si è partito a fari spenti, questo è un bene. Meglio, comunque, perdere adesso che nella fase clou della stagione. Il Catania come fa a sbagliare approccio sul campo del Potenza, con tutto il rispetto per i lucani? E’ come un cane che si morde la coda. Così ti manca sempre qualcosa per fare il salto di qualità”.

Quest’anno il girone C è particolarmente complesso, non trovi?
“Ci sono club che hanno speso l’iradiddio. Bari, Ternana, Reggina, Catanzaro… non è facile. Poi c’è sempre l’outsider di turno, come potrebbe essere il Potenza ad esempio sfruttando questo campo molto raccolto, in sintetico. Sarà una lotta durissima fino alla fine. La Ternana ha un organico da B. La rosa di questo Catania non è male ma gli anni passano e diventa tutto più complicato. Ogni anno, soprattutto il girone C, è sempre una guerra e l’espressione di un bel gioco non è garanzia di successo. Preferisco che il Catania giochi male ma abbandoni l’inferno della C. In questa categoria non vedo spettacolo. Ho seguito l’altro giorno Modena-Padova, tre passaggi di fila non li ho visti. Obiettivamente c’è meno tecnica in Serie C rispetto ai miei tempi. La carta giusta per ripartire, lo ripeto, è rappresentata dai giovani. Ma oggi non si curano i fondamentali nelle scuole calcio. Non lavorano sulle basi e molti ragazzi si perdono per strada. Io insegno calcio e mi rendo conto che c’è tanto potenziale, poi vai a vedere chi allena e non ha mai calciato una palla in porta. Come si fa? Ogni anno mi chiamano. Se vuoi allenare, o porti lo sponsor oppure ti accontenti di pochi euro. Altrimenti stai a casa. Purtroppo funziona così. E la crisi economica si ripercuote in tanti aspetti della vita quotidiana”.

Sei mai stato contattato dal Catania?
“Io verrei a piedi. Per il centro sportivo che ha a disposizione farei un lavoro della madonna ma nessuno ti chiama. Non ho mai avuto contatti con dirigenti del Catania. Questi fiori che hanno perso i petali ormai non li calcola più nessuno. Ed è un peccato. Le dinamiche interne al calcio sono cambiate radicalmente, ma noi dobbiamo sperare che le cose vadano meglio. Combattere affinchè tutto cambi”. 

Si ringrazia Antonio Criniti per la gentile concessione dell’intervista.

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