ESCLUSIVA – Lugnan: “Ho l’ambizione di allenare il Catania, questa piazza è diversa dalle altre. M’identifico in Simeone. Si vince con gli occhi della tigre”

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Gradito ospite di TuttoCalcioCatania.com l’ex attaccante del Catania Luca Lugnan, reduce da un’annata molto intensa vissuta nello staff tecnico di un club di antico blasone come il Mantova. Lugnan, dopo tanta esperienza maturata nelle categorie inferiori, adesso vorrebbe allenare in terza serie e, magari, sedere sulla panchina rossazzurra tanto desiderata. Di questo e molto altro si è parlato ai nostri microfoni:

Luca, com’è andata la stagione a Mantova?
“Ci siamo trovati a competere con il Como costruito per vincere il campionato di Serie D. Loro hanno chiuso al primo posto totalizzando 89 punti, noi 83. Nonostante una bellissima stagione non ce l’abbiamo fatta. Siamo arrivati corti alla fine perchè in un mese e mezzo perdemmo anche la semifinale di Coppa Italia. Poi ai Play Off, che sono un terno al lotto, abbiamo perso. E’ mancata la ciliegina sulla torta, esperienza comunque importante facendo parte di un gruppo di lavoro composto da seri professionisti, all’interno di una società di blasone e storia. E’ stata una bella palestra, mi è servita molto devo dire. Ho lavorato con mister Morgia, un maestro. E’ ancora un leone. Ho preso anche degli spunti sul suo modo di lavorare molto zemaniano. Io invece sono più equilibrato. Questa esperienza mi ha arricchito come persona ed allenatore, adesso sono pronto per una bella piazza. A 50 anni è ora di vincere qualcosa…”.  

Che tipo di calcio predilige Luca Lugnan?
“Bello il tiki taka ma preferisco verticalizzare, anche da calciatore non amavo molto l fraseggio. Il pressing è sempre stata la mia indole, mi piace una squadra che aggredisce, corta, che non fa giocare l’avversario, ruba e riparte in certi frangenti se non puoi dominare il gioco. Ho imparato da molti maestri la fase difensiva. Soprattutto con Mister Domenicali. Ho sviluppato diversi moduli ma il mio sistema di base è il 4-3-1-2. Non sono un’integralista perchè il calcio di oggi richiede di essere molto camaleontici, conoscere al meglio l’avversario e prevedere ogni sua mossa. Parliamo di una partita a scacchi. Bisogna sempre aggiornarsi e stare sul pezzo”.  

Facciamo un piccolo passo indietro, quando lasciasti Catania per approdare a Palermo…
“Io sono tuttora il primo tifoso del Catania. Quando andai al Palermo, lo feci perchè rimasi senza contratto. Io stavo per comprare casa ad Acireale con mia moglie, quella era la nostra volontà. Non mi proposero il rinnovo contrattuale lasciandomi libero da vincoli, ero senza squadra ed aspettai un attimo. Morgia mi chiamò a Palermo e andai lì. Dispiacque molto, poi i tifosi tra virgolette mi perdonarono capendo le motivazioni”.

E adesso tu in Sicilia vorresti tornare. E’ diventato un chiodo fisso per te allenare il Catania…
“Da anni ho il pensiero fisso di allenare il Catania. Io non voglio fare il fenomeno, sono molto discreto ma sarebbe davvero tanta roba guidare il Catania. Per quanto mi riguarda ambisco ad allenare questa squadra perchè da calciatore è stato entusiasmante vestire la maglia rossazzurra. L’idea di far vincere il campionato al Catania mi prende. Poi sai, le chiacchiere stanno a zero. Ma spero che un giorno quest’ambizione possa concretizzarsi sedendo sulla panchina etnea. Ovviamente non posso entrare nella testa dei dirigenti del Catania. Purtroppo non ho sponsor, nè procuratori. Io sono io. Porterei molto volentieri nello staff qualche ex compagno di squadra che sposerebbe la causa. Tra i professionisti non ho ancora allenato ma sono da 13 anni in panchina ottenendo risultati. Quando smetti di giocare hai avuto 45 allenatori e pensi di sapere tutto. Poi quando vedi i master Pro allenare quotidianamente sul campo, impari veramente la metodologia di allenamento, la didattica del lavoro. Mi sono sempre aggiornato, ho fatto anche il corso Uefa Pro e tutte le categorie dal settore giovanile alle Prime Squadre in Serie D. Adesso mi sento pronto per fare qualcosa d’importante in C”. 

A proposito di Catania, da esterno cosa non è andato per il verso giusto quest’anno?
“Qualche punticino perso per strada ha precluso la possibilità di salire di categoria. Alla fine c’è sempre qualcosa da recriminare. Credo che sia necessario programmare una stagione partendo sin dall’inizio per vincere il campionato perchè arrivare ai Play Off è dura sempre. Tutto questo tribolare chiaramente non fa bene soprattutto al tifoso che vorrebbe vedere la squadra in categorie superiori. Noi partimmo con mister Cucchi in panchina e formavamo un bel gruppo, molto coeso. Non ci furono ritocchi se non l’indispensabile sul mercato. Si creò uno spirito di gruppo notevole in una piazza importante come Catania insieme alla tifoseria che ci spinse”. 

Catania squadra dotata di individualità importanti, ma i nomi da soli non bastano. Non trovi?
“Io ho sempre paragonato Catania all’Atletico Madrid. M’identifico molto nello spirito del Cholo, quando va in campo la sua squadra gioca sempre una finale. Ecco, bisogna essere bravi a trasmettere queste cose ai propri giocatori. Catania non è come le altre piazze. Io ho giocato anche a Palermo ma prima di fare tornare entusiasmo in quella piazza ce ne vuole, invece a Catania la partecipazione dei tifosi c’è a prescindere. Prevenire è meglio che curare. Prima il calciatore deve sapere che c’è da sputare sangue in campo, esprimendosi con personalità e fame. Chi ha già giocato a Catania lo sa, è una prerogativa da inculcare prima ancora di parlare di tecnica e tattica. Ci sono tanti calciatori caratterialmente predisposti a giocare in certi posti e che a Catania potrebbero esaltarsi, ma anche chi fatica a reggere la pressione. Questi vanno aiutati dagli altri. E’ necessario l’apporto di chi possiede estro e fantasia, ma soprattutto un’intelaiatura di squadra che sostenga i giocatori che non hanno per caratteristiche la cosiddetta bava alla bocca. Poi è come un virus che si trasmette. Gli occhi della tigre. Quando 5-6 compagni sono così, trascini tutti. E quando il tuo allenatore lo è altrettanto sei già in vantaggio 1-0. Durante l’anno ci vogliono una mentalità ed uno spirito importanti. I nomi contano ma fino ad un certo punto. Conta soprattutto l’organizzazione del gioco, correre più degli avversari. Io da questo punto di vista sono un militare, su queste cose non scherzo. Voglio una squadra super organizzata, con una mentalità feroce e che in ogni partita si giochi la vita. La piazza di Catania lo esige. Serve fame, spirito di sacrificio, predisposizione a seguire il lavoro dell’allenatore che deve essere bravo a trasmettere il carattere e la propria mentalità ai giocatori”.

Immaginandoti sulla panchina rossazzurra, come sarebbe il tuo Catania?
“Il Catania ha cambiato spesso modulo, segno che ha incontrato difficoltà a trovare la quadra. In Lega Pro bisogna avere gamba. Poi la spina dorsale con giocatori importanti la devi avere. Spina dorsale rappresentata dal difensore centrale, dal play e dal centravanti che sorreggono la squadra. Poi sopra puoi costruirci il mondo. Il portiere deve essere bravo anche di piede, ti avvia l’azione. Oggi si parte da dietro con la costruzione del gioco. Mi piacciono i terzini che spingono come dannati, due killer sulla linea difensiva, uno almeno bravo di piede, due mezzali importanti, in avanti delle punte che ti facciano la differenza. Magari un attaccante strutturato che quando non puoi giocare e devi fare la guerra tiene palla e fa salire la squadra, piazzandogli un Lugnan vicino (ride, ndr). Devi sapere mettere gli attaccanti nelle condizioni di far male l’avversario e sviluppare una mentalità di prima fascia. Una squadra vincente, alla lunga esprime anche un bel gioco. In Lega Pro devi anche essere pronto a battagliare. Poi dipende dalle caratteristiche dei giocatori che hai. Se costruisci una squadra di palleggiatori devi cercare di esprimere un bel gioco attraverso quei giocatori bravi tecnicamente. Se invece prendi degli elementi strutturati sul piano fisico e che hanno ‘ignoranza’, parliamo di un calcio diverso. Servirebbe il giusto mix. Ci sono gare in cui il tuo avversario ti aspetta e devi per forza di cose costruire il gioco. Altre che indicano di fare sportivamente la guerra, altre ancora dove incontri avversari pronti ad affrontarti a viso aperto. Ogni partita fa storia a sè. Il fattore agonistico, in ogni caso, si privilegia in questa categoria”.

Un giocatore come Lodi lo terresti volentieri in squadra?
“Credo che giocando davanti la difesa dia il meglio di sè, ma con due mezzali che devono essere cagnacci. Se fai il 4-2-3-1 lo collochi in posizione di trequartista ma servono due mediani di un certo livello in questo caso. Devi incastrare bene le caratteristiche dei tuoi giocatori. Lodi è bravo tecnicamente ma servono mediani muscolari, che abbiano gamba, attacchino gli spazi, che contrastino e le prendano di testa. Allora Lodi risalta in un centrocampo così. Un giocatore come lui me lo tengo perchè non è solo bravo tecnicamente ma può anche ricoprire più ruoli. Poi se la società ritiene che abbia finito la benzina magari si fanno altre scelte”.

Considerazione finale sull’avvicendamento tra Sottil e Novellino. E’ stato giusto così?
“Sono situazioni in cui la società cerca e spera di dare una scossa ad ambiente e squadra. Spesso questa scelta non paga, non è facile prendere tali decisioni ma da una parte la società la capisco. Poi tutto dipende sempre dai risultati. Adesso è il momento di avere calma e sangue freddo programmando la nuova stagione con scelte giuste e ponderate, organizzando un ritiro per iniziare a mille il percorso”.

Si ringrazia Luca Lugnan per la gentile concessione dell’intervista.

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