La promozione in Serie B resta un’illusione. Dai frettolosi festeggiamenti estivi all’eliminazione dalla semifinale Play Off nel doppio confronto col Trapani, il Catania rimane con un pugno di mosche in mano. E intanto la prossima sarà la quinta stagione in Lega Pro. L’amarezza è tanta per una tifoseria che ha continuato a fare registrare numeri di altro livello sugli spalti ma che, ancora una volta, si ritrova impantanata in C. La società, dal canto suo, prosegue l’opera di risanamento finanziario. Scongiurato il rischio fallimento che incombeva anni fa, il club ha sempre pagato con regolarità gli emolumenti. La piazza, però, è giustamente ambiziosa e spinge per un ritorno immediato nel calcio che veramente conta. Se da un lato la situazione debitoria è sotto controllo, dall’altro il progetto di crescita sportiva stenta a decollare. La stagione appena trascorsa è stata caratterizzata dal caso dei mancati ripescaggi che ha, certamente, influito sulle difficoltà incontrate.
Non è casuale che, tra le formazioni invischiate, solamente la Virtus Entella abbia festeggiato la B sul campo. Le altre, chi più chi meno, hanno faticato. Ma ricondurre le problematiche riscontrate esclusivamente nell’esplosione del grande caos estivo, è un alibi che non regge. Non regge perchè tutti gli addetti ai lavori ritenevano l’organico allestito dal Catania un Top per la categoria, addirittura potenzialmente in grado di ben figurare in Serie B. Sbagliato, poi, inquadrare come decisivo ai fini dell’eliminazione dai Play Off l’arbitraggio imbarazzante di Trapani. L’1-1 maturato al “Provinciale”, semmai, è figlio di una stagione da dimenticare. In un girone in cui il Catania aveva chiaramente il favore dei pronostici, a riuscire a spuntarla è stata la Juve Stabia che nessuno aveva preventivato. Le Vespe, nonostante i problemi d’iscrizione, con una gestione oculata ed una massiccia dose di umiltà, senza stravolgere la rosa ed effettuando pochi innesti di mercato ma mirati, hanno costruito le proprie fortune.
Anche il già citato Trapani ha rischiato la sparizione dal calcio professionistico (e tuttora affronta criticità economiche serie), eppure ha superato gli ostacoli chiudendo il campionato al secondo posto ed approdando in finale Play Off. Il quarto posto del Catania stride con le esternazioni della dirigenza che credeva realmente di concludere la stagione davanti alla Juve Stabia. Parole che, spesso, in questi anni si sono tradotte in proclami inutili. Da Cristiano Lucarelli ad Andrea Sottil in panchina, i risultati non sono migliorati. Anzi, la squadra ha registrato un’involuzione sul piano del gioco e della personalità. Raramente il Catania ha espresso un calcio quantomeno apprezzabile, evidenziando lacune tecniche e caratteriali non comuni ad una compagine costruita per ambire al vertice. Il mercato di gennaio poteva venire in soccorso, ma gli acquisti si sono rivelati azzeccati solo in parte.
Nemmeno la cura Walter Novellino ha guarito l’Elefante. L’effetto è durato poche partite, poi la squadra è ripiombata nelle note crisi d’identità accentuando nervosismo e tensione. Il richiamo di Sottil è stato l’ultimo disperato tentativo di raddrizzare la stagione, ma le vittorie Play Off al cospetto di Reggina e Potenza hanno semplicemente assunto i contorni dell’illusione. Emerge un quadro d’insieme pasticciato e dai colori spenti, con responsabilità che vanno distribuite in misura diversa tra le componenti tecniche e societarie. Il fallimento però può essere indicato come un passaggio fondamentale nel percorso verso il successo. Le persone più abili sono quelle che sanno imparare dai propri errori. L’auspicio è che i tempi siano maturi affinchè questo avvenga. Ristabilendo anche un dialogo aperto con tifosi e stampa, componenti non marginali per contribuire ad avviare un processo di crescita a 360 gradi.
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