CURRO’, la famiglia: “Messina-Catania andava giocata senza catanesi o a porte chiuse”

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Currò Messina-Catania

Sono trascorsi quasi 18 anni dalla morte del tifoso peloritano Tonino Currò, consumatasi in occasione della finale Play Off per la promozione in B Messina-Catania, a causa del lancio di una bomba carta allo stadio “Celeste” (non è mai stato possibile individuare l’autore del gesto, ndr). Il mese scorso il giudice della prima sezione civile Mauro Mirenna ha condannato la Lega Calcio, responsabile dell’organizzazione della partita, la Fcb Messina Peloro, che aveva in gestione l’impianto sportivo, il Comune di Messina titolare dello stadio, a risarcire i danni ai familiari di Currò. La famiglia ha così commentato la sentenza, secondo quanto si legge su tempostretto.it:

“Dopo tanti anni di doloroso silenzio desideriamo ringraziare tutti coloro che ci sono stati vicini ed hanno sofferto insieme a tutti noi per la tragica scomparsa di Tonino. Abbiamo atteso con fiducia e serenità l’esito delle indagini penali prima e del processo civile poi. Non abbiamo mai dubitato dell’impegno che i Magistrati inquirenti della Procura di Messina hanno profuso per riuscire ad individuare con certezza l’identità dell’autore del lancio assassino. Purtroppo, tutti gli sforzi si sono rivelati inutili ed il colpevole della morte di Tonino fino ad oggi l’ha fatta franca. Non potevamo però accettare e non accetteremo mai già solo l’idea che quello che è accaduto non era stata colpa di nessuno. Non potevamo accettare e non accetteremo mai che la morte di un ragazzo di 23 anni all’interno di uno stadio potesse essere ritenuta il frutto di casualità, di un caso fortuito ed imprevedibile”.

“Non era accettabile e non era nemmeno vero. Tutte le autorità preposte allora avevano chiarissimi i rischi che quell’incontro di calcio avrebbe comportato sotto il profilo dell’ordine pubblico, del rischio di incidenti e del rischio proprio per l’incolumità fisica delle persone. A dare certezza dei rischi erano proprio i precedenti incidenti verificatisi tra le due tifoserie in occasione degli incontri Messina-Catania. Si era ravvisata la necessità e l’esigenza di predisporre tutte le misure necessarie ad impedire che i tifosi ospiti introducessero all’interno dello stadio qualsiasi forma di strumento od oggetto atto ad offendere e, quindi, erano state predisposte misure di perquisizione personale dei 500 ospiti catanesi. I fatti hanno dimostrato che, nonostante tutto, questi ultimi riuscirono a far entrare all’interno del Celeste di tutto ed in particolare anche ordigni esplosivi come quelli che hanno ucciso il nostro Tonino. Inoltre, era stata ravvisata la necessità di realizzare una barriera tale da impedire il lancio di oggetti ed ordigni dalla tribunetta Valeria verso la Curva Nord, ma è stato altrettanto evidente che questa si sia rivelata assolutamente inadeguata, insufficiente e quindi inutile a prevenire ed impedire l’uccisione di una persona”. 

“Se davvero vi era la consapevolezza del rischio, allora la decisione migliore sarebbe stata quella di impedire ai tifosi catanesi di partecipare all’incontro, se non addirittura di far svolgere l’incontro a porte chiuse senza pubblico. Oggi, la Sentenza di un Tribunale della Repubblica, accerta che la morte di Tonino non fu un fatto accidentale e che vi sono state delle responsabilità. È ovvio che nessun risarcimento potrà restituirci il sorriso, la forza di vivere e l’amore del nostro Tonino e niente potrà restituirgli il suo diritto alla vita strappatogli da una mano folle ed assassina. Chiediamo solo che la l memoria ed il ricordo di Tonino, possano essere sempre vivi a Messina e nella sua Rometta. Negli anni scorsi si è tanto parlato di ricordarlo mediante l’intitolazione a lui dedicata della Curva Nord dello stadio Celeste a Messina, così come si è discusso a Rometta dell’intitolazione a lui del Campo Sportivo di Filari. Ci auguriamo che le Autorità preposte si attivino in tal senso, perché la memoria rappresenti anche un monito a ché fatti come questo non accadano mai più e che mai nessuna altra famiglia debba soffrire come stiamo soffrendo noi”.

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